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Fannulloni si diventa? Come curare una pubblica amministrazione malata

Alla vigilia del via libera definitivo del decreto-rivoluzione Brunetta, presso l’Università Bocconi di Milano, si è svolto un convegno sul tema della modernizzazione del lavoro nel settore pubblico, “Fannulloni si diventa? Liberare energie dalle amministrazioni pubbliche”. Tematica di grandissima attualità, portata alla ribalta grazie ai toni forti e alle posizioni di rottura assunti dal titolare di Palazzo Vidoni, il dibattito prende spunto dalle teorie dell’esperto di management pubblico, il professor Giovanni Valotti, che nel suo libro ”Fannulloni si diventa. Una cura per la burocrazia malata”, analizza un problema noto a molti ma spesso tenuto in secondo piano quando si parla di un settore, quello della pubblica amministrazione italiana, dall’altissimo potenziale di risorse umane, troppo spesso ignorate e sottoutilizzate.
Secondo uno studio ISTAT, i fannulloni “per scelta” ammontano all’1% dei dipendenti della P.A.. Da un analogo studio ISPESL emerge che  i “mobbizzati” nella P.A., cioè coloro che vengono privati del tutto del lavoro, o adibiti a mansioni di gran lunga inferiori alle loro qualifiche, e poi fatti oggetto di angherie di ogni specie sono circa il 30% , quindi più di un milione di “fannulloni per forza”, lasciati a far nulla, costretti a non lavorare.
I motivi di questa ostracizzazione professionale possono essere i più disparati: vuoi perché sono bravi ed efficienti, o pretendono di rispettare le leggi, quindi danno fastidio al dirigente; vuoi perché il dirigente li ha in antipatia; vuoi perché pretendono che i loro diritti vengano rispettati; e l’elenco potrebbe proseguire…
Ed è proprio questo il vero spreco, la vera piaga della burocrazia italiana, che la rende malata e prigioniera di se stessa. Ciò che occorre è una riforma che metta in atto un processo in grado di risvegliare l’orgoglio e la motivazione dei dipendenti pubblici, quelli bravi e meritevoli. Una vera e propria rivoluzione copernicana a livello di sistema organizzativo e manageriale, che sia in grado di svegliare il pachiderma assopito della PA e trasformarlo nella punta di diamante o, per dirla con le parole del ministro antifannulloni per antonomasia, nella “Ferrari dell’economia del Paese”. Già perché, sembra strano a dirlo in un sistema imbevuto di pregiudizi nei confronti del dipendente pubblico, ma il “fannullonismo” non è una condizione genetica, né un virus che ha il proprio focolaio negli uffici pubblici.
La ricetta suggerita dal docente bocconiano per la modernizzazione dell’apparato pubblico si fonda su tre assi portanti: misurazione dei risultati, come in tutte le imprese private, per responsabilizzare e dimostrare i miglioramenti; trasparenza, in base a parametri identificati, per “rendere conto” delle proprie attività anche in confronto con altre amministrazioni; meritocrazia, per “orientare al risultato” i dipendenti, rivedendo il sistema premiante, contro gli incentivi “a pioggia”. In altre parole, i capisaldi della riforma Brunetta.
“Anni di studi manageriali hanno concretamente smontato l’alibi della specificità delle amministrazioni pubbliche e della connessa, difficile identificazione degli output. Anche nelle imprese il successo si gioca su elementi intangibili e qualitativi, ma non per questo si rinuncia a misurare” Successivi alle strategie di modernizzazione, “la cura” del professore prevede, poi, dei passaggi cruciali per attivare gli elementi sopra descritti: più competizione interna, maggiore snellezza e qualificazione degli organici, potenziamento della comunicazione interna e , last but not least, “più politica alla pubblica amministrazione”. Quest’ultima potrebbe sembrare una provocazione, ma va intesa nel senso di dotare le strutture di una propria capacità volitiva/decisionale in grado di “esprimere una visione innovativa e di lungo periodo, di cogliere i bisogni, disegnare strategie di ampio respiro, definire una direzione di marcia per le amministrazioni e controllarne l’effettiva attuazione”
Un prezioso contributo al convegno è stato dato dal presidente della Regione Lombardia, modello nella pubblica amministrazione, Roberto Formigoni. “Trasformare la burocrazia della pubblica amministrazione, troppo spesso percepita come una palla al piede, ostile ai cittadini e complicata per le imprese in risorsa positiva – ha concluso Formigoni – è la scommessa che sappiamo di poter vincere.” E la riforma approvato nei giorni scorsi con consenso bipartisan muove proprio in questa direzione (da Ragionpolitica).

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