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Delitti d’onore, una Turchia europea?

E pensare che in Italia il delitto d’onore è stato definitivamente abrogato soltanto nel 1981. Sembra ieri quando il giudice concedeva l’attenuante a chiunque avesse cagionato «la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto di scoprirne la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia». Cose d’altri tempi. Già. Ma neanche troppo lontane. Accade proprio sotto il nostro naso, e precisamente nella Turchia dai ferventi preparativi all’ingresso nel calderone europeo, che una donna, povera malcapitata, si veda mozzati naso e orecchie in quanto “sospettata” di adulterio. I giornali si palleggiano lo scoop. Traboccano quasi di felicità, tanto è assurda la notizia. E c’è addirittura chi, navigando da un blog all’altro, si prende beffe della vittima, commentando con un laconico “Così impara a fare le corna!” e un “Il tradimento viene preso sotto gamba, non esiste più rispetto per la famiglia”. Il problema, qui, non è tanto la prevenzione di un “disonorevole adulterio”, quanto la tutela della donna in paesi che ancora oggi, nonostante gli impegni della comunità internazionale, si ostinano a mantenere disparità tra sessi celandole dietro sbandierate e logore tradizioni culturali e religiose. E non si può continuare a puntare il dito solo su sultani, imam, beduini, sceicchi e altre componenti maschiliste e patriarcali delle società mediorientali. Sono le donne stesse che si cullano della loro situazione di inferiorità. Sono le donne che stanno in silenzio quando assistono alle mutilazioni inferte alle loro sorelle, figlie o amiche. Sono loro ad essere omertose. E adorano gli abaya perché possono nascondere dentro tutta la loro amarezza e la loro debolezza e far finta che vada tutto bene. Ecco la prova che ci aspettavamo dalla Turchia: un paese moderno, in costante progresso. Un paese di contraddizioni. E soprattutto un paese che difficilmente sembra propenso a rinnegare le proprie radici.

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