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Da Roma a Terhan: dilemmi democratici

Raccontano di un paese che rischia il golpe, ma non è l’Iran.
Raccontano di un paese democratico, ma non è l’Italia.
Raccontano, e neanche per scherzo, di una democrazia che viene snaturata da brogli e violenze, ma raccontano anche di un regime che meriterebbe, e non sarebbe una disgrazia, “scosse” non democratiche.
Il modo in cui i giornali, di destra o di sinistra o di finanza, raccontano le ultime ore di questo mondo odierno, rappresenta la più palese manifestazione dell’inutilità, della autoreferenzialità e ignoranza del dibattito politico e giornalistico di questo paese.
Tutto è reso evidente dalla concomitanza di storiche evoluzioni nei sistemi politici di due paesi come l’Italia e l’Iran.
“A Teheran è in atto un golpe”: non si sapeva che la Repubblica Islamica fosse da ascrivere tra Inghilterra, Stati Uniti o financo Israele. Come se il reporter assuefatto di narghilè avesse bisogno di vedere il sangue nelle strade, per capire che in un paese dove avvengono migliaia di impiccagioni per reati politici, che fomenta il terrorismo solo per destabilizzare le nascenti democrazie ai suoi confini, dove il capo del Consiglio degli Ayatollah può a suo piacimento nominare e cacciare il Presidente della Repubblica, non si può parlare di democrazia.
Allo stesso modo, lo stesso reporter che sta in Roma a ingozzarsi di carbonara e sigari, parla con naturalezza di “scosse” che minerebbero la stabilità del Governo. Senza preoccuparsi, senza chiedersi: ma in una democrazia si vota, o si fanno interviste a ragazzine ambiziose e senza pudore?
Nessuno di questi maestri dell’amaca intellettuale pensa: Craxi è morto ad Hammamet nonostante sia stato l’unico a dire la verità, la classe politica che ci ha fatto ritornare ad essere una grande potenza mondiale dopo il default della guerra è stata criminalizzata e costretta al ritiro, le intercettazioni che fanno comodo finiscono illegalmente sui giornali senza che mai nessuno paghi, inchieste che uccidono il normale scontro democratico finiscono nel nulla, i magistrati che istruiscono quei processi finiscono in parlamento, la aziende di stato sono state svendute per pochi soldi a imprenditori straccioni che le hanno rivendute con profitto a imprese straniere, il nostro Presidente del Consiglio, solo dopo essere sceso in politica, ha avuto 1000 magistrati che si sono occupati di lui.
Nessuno lo rileva, nessuno se lo ricorda, nessuno se ne cura: in qualsiasi schieramento politico.
Nessuno pensa che, se l’Iran ha bisogno di cambiare, ne abbiamo altrettanto noi.
Appunto alla maggioranza: in Italia, però, siamo già al Governo.

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