“Vae victis!”,
dicevano gli antichi romani, con la loro fenomenale capacità di sintesi. Guai ai vinti perché sono vinti due volte: nell’immediato e nel futuro, perché sono i vincitori che scrivono la Storia.Ma i nostri antenati si riferivano a battaglie fatte con spade e legioni, a rapporti di forza basati sulla tecnica e sulle carni di mercenari. Quando la battaglia è invece mediatica, fango e sangue diventano solo metafore per descrivere quello che fu il colpo di stato del 1992. Craxi non fu pugnalato come Cesare, ma fu delegittimato da un’alleanza fra clan della magistratura e clan di giornalisti manovrati dai loro padroni finanzieri. Fu, come molti la definiscono ora, una falsa rivoluzione, e come tutte quelle che si basano sulla menzogna sono destinate ad assopirsi per diventare prima dittatura, poi bieco conservatorismo.Craxi fu vinto. Non si piegò, ma fu costretto a morire in esilio. E solo in questi giorni, la vendetta di Craxi si è fatta carne, si è fatta immagine.La carne sono quei seimila delegati del più grande partito della recente storia d’Italia che si alzano in piedi ad applaudire non appena sentono il suo nome.
L’immagine è quella della figlia del grande leader emozionata da tutti i volti piacenti che tributano omaggio a una figlia, a una lotta, ad una corsa contro il tempo per “riportare Craxi nel futuro di questo paese”, come Stefania usa spesso dire.
Quella ripresa dall’alto di un intero esercito di delegati che si alza in piedi, vale per il nostro paese come le martellate al muro di Berlino. Il padiglione 8 della Nuova Fiera era la Porta di Brandeburgo! La signora Storia si aggira fra di essi, e la Verità stimola i loro tendini per battere le mani. La notizia è questa: un politico molto potente, ladro e truffatore, causa dei peggiori mali del nostro Paese, condannato a decine di anni di carcere, latitante, viene omaggiato dal più grande partito della seconda repubblica. E non lo fa solo il suo leader, lo fa ogni singolo delegato che viene dalla provincia, lo fa l’imprenditore come l’artigiano, come l’operaio. Questa contraddizione farà mai pensare a qualcuno che, forse, quei giornalisti e quei magistrati, così come quella stagione, oltre ad avere distrutto il tessuto sociale ed economico del paese, sono stati completamente inutili?
dicevano gli antichi romani, con la loro fenomenale capacità di sintesi. Guai ai vinti perché sono vinti due volte: nell’immediato e nel futuro, perché sono i vincitori che scrivono la Storia.Ma i nostri antenati si riferivano a battaglie fatte con spade e legioni, a rapporti di forza basati sulla tecnica e sulle carni di mercenari. Quando la battaglia è invece mediatica, fango e sangue diventano solo metafore per descrivere quello che fu il colpo di stato del 1992. Craxi non fu pugnalato come Cesare, ma fu delegittimato da un’alleanza fra clan della magistratura e clan di giornalisti manovrati dai loro padroni finanzieri. Fu, come molti la definiscono ora, una falsa rivoluzione, e come tutte quelle che si basano sulla menzogna sono destinate ad assopirsi per diventare prima dittatura, poi bieco conservatorismo.Craxi fu vinto. Non si piegò, ma fu costretto a morire in esilio. E solo in questi giorni, la vendetta di Craxi si è fatta carne, si è fatta immagine.La carne sono quei seimila delegati del più grande partito della recente storia d’Italia che si alzano in piedi ad applaudire non appena sentono il suo nome.
L’immagine è quella della figlia del grande leader emozionata da tutti i volti piacenti che tributano omaggio a una figlia, a una lotta, ad una corsa contro il tempo per “riportare Craxi nel futuro di questo paese”, come Stefania usa spesso dire.
Quella ripresa dall’alto di un intero esercito di delegati che si alza in piedi, vale per il nostro paese come le martellate al muro di Berlino. Il padiglione 8 della Nuova Fiera era la Porta di Brandeburgo! La signora Storia si aggira fra di essi, e la Verità stimola i loro tendini per battere le mani. La notizia è questa: un politico molto potente, ladro e truffatore, causa dei peggiori mali del nostro Paese, condannato a decine di anni di carcere, latitante, viene omaggiato dal più grande partito della seconda repubblica. E non lo fa solo il suo leader, lo fa ogni singolo delegato che viene dalla provincia, lo fa l’imprenditore come l’artigiano, come l’operaio. Questa contraddizione farà mai pensare a qualcuno che, forse, quei giornalisti e quei magistrati, così come quella stagione, oltre ad avere distrutto il tessuto sociale ed economico del paese, sono stati completamente inutili?