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Casini come D’Alema, un mito senza un perché

Forse ci siamo. La sinistra ha di nuovo trovato il suo leader.
Non è Pierluigi Bersani e nemmeno un altro esponente del Pd e dintorni. Il vero asso nella manica degli eredi di Prodi si chiama Pierferdinando Casini.
Le voci si fanno sempre più insistenti: sarà lui il nuovo frontman, con l’incarico di guidare l’assalto alle destre di Berlusconi. E’ bello e moderato quanto basta, dicono, per riconquistare la classe media italiana.
Fantapolitica? Stando a recenti dichiarazioni del nuovo leader democratico, sembrerebbe proprio di no: “Il segretario del Pd non è, in automatico, il candidato premier”.
E non sarebbe – visto l’Ulivo del Professore – nemmeno la prima volta.
Ma davvero Casini ha la stoffa per condurre una svolta politica e riesumare le sorti di un partito – o meglio una coalizione – in crisi da troppo tempo?
All’ex presidente della Camera non manca certo il fascino mediatico, che lo aiuta a stare al centro della scena pur non essendo protagonista.
Concretamente, però, l’ex delfino di Berlusconi non sembra poi aver fatto granché nella sua non breve carriera.
La presidenza del parlamento gli ha conferito prestigio, forse più di quello che meritava. Ma nei momenti decisivi l’esponente centrista si è perso inesorabilmente.
Al primo esame una stecca clamorosa. Quando ha rinunciato a partecipare alla grande manifestazione del 2 dicembre 2006, convinto che l’Italia non fosse più bipolare e che il governo Prodi durasse ancora a lungo. I fatti gli hanno dato torto. Non potendo smentire se stesso, due anni dopo non ha partecipato al progetto Pdl, accontentandosi delle basse ma utili percentuali del suo partito, che lo fanno sopravvivere tutt’ora a Montecitorio.
E’ stato tra i primi a profetizzare,  durante la crisi di governo del 2005,  il tramonto del berlusconismo e a sperare nella fine politica del leader di Arcore. Sanno tutti, a distanza di 4 anni, come le cose sono andate davvero a finire.
Il grande centro è da sempre stato il suo sogno. Certo che fosse anche quello degli italiani. Pure in questo caso, c’è stata una pessima lettura delle esigenze e dei giudizi degli elettori.
Adesso rischia di passare addirittura dall’altra parte, probabilmente pronto a rappresentare una squadra da compromesso storico, in nome di quel vecchio e caro cattocomunismo che in fondo ai cuori di tanti nostalgici  non muore mai.
Casini continua a piacere e ad avere speranze e chance perché in fondo non si è mai sporcato le mani, non ha mai avuto ruoli determinati o il peso di vere responsabilità. Non ha dovuto mai prendere decisioni sofferte e importanti. E’ l’eterno Peter Pan della classe dirigente italiana, che spera di giocarsi, almeno una volta, la carta vincente.
Il mito che porta con sé e intorno a sé lo accomuna all’illustre predecessore Massimo D’Alema. Che, come il Clooney di Montecitorio, è apprezzato da tutti, ma alla fine nessuno sa davvero perché.
A quanto pare, però, tra i due stanno nascendo anche altre affinità.
Il leader Udc comincia infatti ad emulare il maestro dal celebre baffo, atteggiandosi come lui: durante l’ultima puntata di Ballarò stava per lasciare in diretta lo studio, disgustato dal livello generale della discussione. Nessuno era alla sua altezza.
Impara in fretta Pierferdinando Casini.
 

 

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