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Alfano: Giustizia, al primo posto l’uomo

E’ possibile dialogare sulla giustizia? Il Meeting organizzato anche quest’anno da Comunione e Liberazione e giunto alla sua trentesima edizione alla Fiera di Rimini ha rilanciato ieri mattina il confronto sulla riforma dell’ordinamento giudiziario. Protagonisti del faccia a faccia sono stati il ministro della Giustizia Angelino Alfano e il vice presidente del CSM Nicola Mancino.
Ieri a Rimini il ministro Alfano ha spopolato: è stato ironico e sferzante e allo stesso tempo efficace ma misurato. In una parola bravo. Anzi, bravissimo. Ha scaldato la platea dei ciellini senza slogan superficiali, ma ricorrendo a concetti chiari e precisi: “Vogliamo la riforma della Giustizia perché vogliamo che al primo posto non ci siano né i politici, né i magistrati, né gli avvocati. Soltanto l’uomo”. Da qui l’obiettivo del governo, “scritto nel programma presentato agli elettori un anno fa e da essi premiato nelle urne”, di lavorare per un processo rapido, giusto ed equilibrato. Il ministro ha chiamato per nome, senza reticenze, ciò le quattro grandi questioni che sono oggi al centro del confronto con il Csm: il correntismo, le nomine ai vertici degli uffici giudiziari, la sezione disciplinare, i pareri.
Alfano ha parlato dell’organo di autogoverno della magistratura come di un “Parlamento bonsai” e ha spiegato come nello sforzo per addivenire ad una riforma del sistema giudiziario il governo si sia trovato senza interlocutori: “un anno fa nasceva il governo ombra, oggi c’è l’ombra di un governo”. Tra le ovazioni Alfano ha anche sottolineato come, a proposito del principio di autonomia e indipendenza della Magistratura, il dettato costituzionale sia chiaro: “autonomia e indipendenza non sono in discussione e il giudice è soggetto soltanto alla legge. Ma chi fa le leggi? Il Parlamento!”.
Insomma Alfano è andato giù duro. E ha potuto contare su una sponda insperata: il vice presidente del Csm Nicola Mancino che, contrariamente alla sua storia di uomo del centro sinistra, ha più volte riso, sotto i baffi che non ha, alle sferzate del ministro del governo Berlusconi verso i vertici del centro sinistra. Il ministro della Giustizia ha anche annunciato che alla ripresa dell’attività politica convocherà i rappresentanti della Giustizia del Pd per trovare un’intesa per riforme condivise.
Mancino, da parte sua, ha richiamato l’opposizione al proprio diritto-dovere di partecipare alle decisioni e ha detto che desidererebbe abbandonare l’incarico al Csm il 31 luglio dell’anno prossimo, vedendo partorire finalmente una riforma dell’ordinamento giudiziario. Il vice presidente del Csm ha anche mantenuto aperta la porta al governo sui pareri emessi dall’organo di autogoverno sulle iniziative legislative: “non sono mai bocciature, ma solo pareri rivolti al Ministro per lo svolgimento della sua attività”. Mancino ha anche convenuto che occorre riformare il Csm, anzitutto con riferimento alla sezione disciplinare, oggi ingolfata, e poi anche sul numero dei membri togati all’interno del Consiglio, “purchè siano fatte salve le prerogative dell’organismo”.
Infine, il ministro della Giustizia, ha parlato della situazione delle carceri e della funzione rieducativa della carcerazione. Alfano ha sottolineato come oggi le patrie galere ospitino 63 mila detenuti a fronte di 43 mila posti regolamentari. La differenza è data da 20 mila stranieri e ciò ha offerto il destro al rappresentante del governo Berlusconi per chiedere con forza all’Europa di fare la propria parte. Inoltre ha indicato nella rieducazione lavorativa, l’unica forma di recupero alla società degli individui condannati a restare per anni in carcere.

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