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A farla facile si fa confusione tra Boffo e Ratzinger

Ormai da anni, In Italia, si semplifica. Si è semplificato il linguaggio politico, ma si sono semplificati anche gli esami universitari, i programmi scolastici, la burocrazia. La burocrazia meno. Persino la Chiesa ha  semplificato, abolendo il latino e adottando nelle funzioni religiose l’uso della lingua nazionale.
La semplificazione del linguaggio politico, attuata negli ultimi sedici anni per merito di Silvio Berlusconi, ha avuto grandi meriti. La politica si sforza di parlare in modo semplice e diretto. Tanto che se erano solo due su dieci e capire cosa volessero dire Berlinguer e Moro, sono oggi otto-nove su dieci a comprendere quel che dicono Veltroni e Berlusconi.
Ci sono però casi in cui la semplificazione, anche giornalistica, fa male alla politica, alla società, al Paese. Come ha avuto modo di puntualizzare recentemente il cardinal Bertone (“è invalsa l’abitudine di imputare al Papa – o, come si dice soprattutto in Italia, al Vaticano – la responsabilità di tutto ciò che accade nella Chiesa o, di ciò che viene dichiarato da qualsiasi esponente o membro di Chiese locali, di istituzioni o di gruppi ecclesiali. Ciò non è corretto”), non si possono definire come posizioni “del Vaticano” i pareri espressi da un qualunque esponente del mondo ecclesiale, da don Sciortino al pur autorevolissimo cardinal Bagnasco. Tanto è vero che, ad esempio, Dino Boffo è direttore del quotidiano dei Vescovi italiani, della Conferenza episcopale italiana, e non dello Stato della Città del Vaticano, a cui può invece essere assimilato l’Osservatore Romano, diretto da Giovanni Maria Vian. Lo stesso Vian, per intenderci, che oggi recita, col linguaggio ovattato connaturato allo stile d’Oltretevere, il de profundis al collega Boffo. Che, segnatevelo, entro nove mesi farà le valigie da Avvenire.
Analogamente, un attacco di Vittorio Feltri, giornalista indipendente, di lungo corso e di forte carattere, non può essere liquidato come l’offensiva di Berlusconi ad Avvenire. Intanto perché, come ha più volte ammesso un giornalista non imputabile di simpatie destrorse – Maurizio Costanzo – Silvio Berlusconi è un editore autenticamente liberale. E poi perché Feltri non è tipo da prendere ordini da nessuno, come dimostra la sua storia personale e professionale. E del resto non è la prima volta che il presidente del Consiglio manifesta opinioni fortemente contrarie alla linea editoriale del giornale di proprietà di suo fratello Paolo. Si ricordi, in proposito, il recente caso degli attacchi del Giornale diretto da Mario Giordano a D’Alema e al suo entourage.
Lo stesso può dirsi per Gianfranco Fini e le sue opinioni in fatto di laicità e immigrazioni. Stupisce che ancora non sia entrato in testa di giornalisti, commentatori, politici, in una parola addetti ai lavori, che Fini parla non da uomo di partito, da Numero Due del Pdl, ma da presidente della Camera dei Deputati.
L’inquilino di Montecitorio ha definitivamente deciso di spogliarsi del proprio ruolo di parte e di esprimersi secondo coscienza e secondo coscienza ritenendo evidentemente di interpretare al meglio il proprio ruolo di super partes.
Ce n’è anche – si badi – per chi scambia le esternazioni di singoli esponenti, per l’amor di dio (è il caso di scriverlo!) del governo come posizioni dell’intero esecutivo, quando invece fino a prova contraria la linea politica è rappresentata ed espressa dal Capo del Governo, che è peraltro anche leader della maggioranza e del primo partito italiano.
Logico è invece – e si è visto pure poco – che l’opposizione ci marci su. Logico e doveroso che l’opposizione tenda ad avvalorare la tesi di un governo paralizzato, di una maggioranza divisa, di un presidente della Camera ostile alle posizioni espresse dal proprio partito e ribadite a stretto giro di posta dai capigruppo a Palazzo Madama e a Montecitorio. Anzi, se una cosa si può osservare è che l’opposizione mostra le sue debolezze proprio nel non saper cavalcare questi incidenti della maggioranza.
Ma, semplifica oggi, semplifica domani, il rischio oggi raggiunto, è sbagliarsi e scambiare lucciole per lanterne. Il rischio è confondersi e confondere e agitare tempeste in un bicchier d’acqua.
Ai giornalisti, quelli veri e privi di pregiudizi ideologici, spetta il compito di descrivere la realtà per quella che è. Alla politica e alle persone in buona fede, invece, spetta il compito di dosare le parole. E di usarle correttamente.

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