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Tutti gli errori di “Special Two”

Cosa penserà in queste ore José Mourinho? Sì, lui. L’allenatore più amato/odiato che il calcio italiano abbia mai visto? Difficile immaginarlo. Facile però intuire un sottile senso di angoscia in un personaggio abituato a primeggiare nella sua non lunga ma prestigiosissima carriera di allenatore. Straordinario a Porto, convincente in Inghilterra, sconvolgente e vincente nel Belpaese. Subito uno scudetto, accompagnato da un tormentone che ha fatto già la storia: “Zeru tituli”. Non solo pallone, quindi. Ma vero e proprio show. Attraente perché in grado di trasgredire le regole del giornalismo sportivo: mai un parola di circostanza o una frase fatta e politicamente corretta. Lui è il migliore e se ne vanta. Tutto il resto (colleghi compresi) è noia.
Dato che la comunicazione per José è quasi tutto, proprio su quella bisogna ora concentrare le attenzioni. Perché il secondo posto dell’Inter, dopo un domino assoluto e apparentemente inattaccabile, sembra essere figlio pure di una strategia mediatica che oggi si rivela fallimentare. Basta fare qualche passo indietro: al derby della madonnina dello scorso gennaio. I nerazzurri battono il Milan nonostante l’inferiorità numerica (giusta espulsione di Snijder) e volano verso l’ennesimo titolo. E’ una prova maiuscola, che sottolinea la forza fisica e mentale dei campioni in carica. I rossoneri escono dalla gara assai ridimensionati, la Roma invece è lontana un miglio. A quel punto basterebbe solo gestire con intelligenza il grande vantaggio sulle rivali, che tra l’altro sembrano non esistere. Ma il tecnico portoghese non ci sta: un nemico deve averlo a tutti i costi. E allora via ai veleni e alle polemiche, al “tutti contro di noi”, alla politica dei sospetti e dei vittimismi. La grinta dei suoi condottieri, a furia di forzare la mano e alzare i toni, sconfina nel nervosismo. Ed ecco il pareggio con la Sampdoria, condito dalle squalifiche e l’ingiustificato caos. Poi un altro pareggio casalingo col Genoa, la disfatta catanese e quella pesantissima con la Roma. Che approfitta più dei cugini del masochismo nerazzurro e comincia a far sentire il suo fiato sul collo. Mourinho, il grande comunicatore, non parla più. Ma il suo silenzio fa tanto, troppo rumore. L’Inter, regina della serie A, a questo punto dovrebbe ostentare la sua superiorità con la serenità e tranquillità tipiche delle grandi. Invece è inquieta, sempre sul piede di guerra. Ed ecco il caso Balotelli, gestito anche questo dal mr in modo abbastanza maldestro. Super Mario servirebbe tanto alla causa, perché i titolari dell’attacco, grandi protagonisti anche in coppa, ora cominciano ad avvertire la stanchezza. Ma l’opportuna diplomazia lascia spazio ad un inutile muro contro muro. Altre polemiche. E Intanto l’Inter pareggia a Firenze, Julio Cesar perde sicurezza e i giallorossi sono avanti. Da primo a secondo a cinque turni della fine: una brutta storia.
Ovviamente nulla è perduto. Mourinho è ancora in corsa su tre fronti e può compiere il miracolo. Ma è troppo tardi per cambiare strategia. Il vento seminato ha portato una tempesta. E non basterà un ombrello qualsiasi.
 

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