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Si fa presto a dire di aver trovato soluzioni alla crisi

Non passa giorno che sedicenti economisti non si dilunghino in ricette più o meno simili per quella che è la crisi economica che sta affliggendo l’intero pianeta dallo scorso anno.
Si è parlato quindi di un maggiore protezionismo o di un maggiore liberismo, di attività di credito più o meno tossiche, di ingenti debiti ipotecari a carico di privati o di istituzioni pubbliche, di economia reale o economia finanziaria.
Da ultimo è interessante l’esame di due casi posti agli antipodi per quelle che sono le soluzioni paventate a siffatta diseconomia.
Il Presidente della Federazione delle Banche Latino-Americane (Felaban), Ricardo Marino, al termine di un incontro organizzato in questi giorni alla Borsa di Madrid dalla Segreteria Generale Ibericoamericana e dal Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, ha dichiarato che l’America latina sarà una delle prime regioni del mondo ad uscire dalla crisi, questo poiché beneficia di entità finanziarie fortemente capitalizzate.
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Contemporaneamente, l’Istituto nazionale di statistica del Governo cinese annunciava che il prodotto interno lordo del gigante asiatico, dopo due anni e mezzo di contrazione alla crescita, ricominciava a salire, attestandosi ad un più 7,9% su base trimestrale dal più 6,1% dello scorso trimestre (si ricordi a questo proposito che qualche anno fa il Pil cresceva a ben oltre il 10%). Questo a causa della riapertura dei rubinetti del credito e dell’immissione sul mercato, ad opera della Banca centrale, del triplo di denaro rispetto allo scorso anno: insomma, come conseguenza ad un aumento della spesa pubblica. Gli obiettivi dichiarati sono principalmente due: mettere un freno al calo delle esportazioni cinesi (meno 21% negli ultimi tre mesi) ed incentivare le aziende ad assumere mano d’opera. Mano d’opera che, da sola, rappresenta il 40% del Pil.
Prendendo per corrette queste affermazioni ora il punto è un altro, ovvero cercare di capire perché se nell’emisfero australe la cura alla crisi economica è in un contenimento alla spesa pubblica, nell’emisfero boreale è vero il contrario.
Probabilmente una risposta importante che ci si può dare su questo conto deriva dal punto di partenza delle due economie: quella latino americana con un export ancora poco sviluppato rispetto alle potenzialità e legato in via quasi esclusiva al commercio delle materie prime, quella cinese, al contrario, completamente trainata dalle esportazioni. E quindi con la necessità, per la prima, di sviluppare maggiormente le esportazioni di prodotti finiti, cercando di attrarre maggiori capitali esteri; per la seconda di affrancarsi da tale dipendenza e di investire in modo deciso sui lavori e le opere pubbliche, che avranno come effetto secondo anche quello di un rilancio all’export.
Le ricette economiche non sono delle verità assolute, ma hanno potenzialità differenti a seconda dei luoghi ove vengono applicate. Anche, e soprattutto, in un periodo di crisi.

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