Sono le riforme il nuovo tormentone della politica italiana. Non male. Sempre meglio dei trans o di Noemi. Il tema è nobile. Ma sarebbe opportuno passare presto dal dire al fare. Senza perdersi in troppe chiacchiere. Ragionando, ovviamente. Ma evitando comunque di tergiversare, di sprecare le energie sugli inutili slogan e lasciare che il tempo porti via con se le speranze di cambiamento. L’Italia ne ha assolutamente bisogno. E’ palese, c’è poco da aggiungere.
Meno chiara ed evidente la posizione delle varie forze politiche.
Di Pietro e Casini, ad esempio, sono in fondo come il diavolo e l’acqua santa. Ma c’è qualcosa che li accomuna. A loro, al di là delle dichiarazioni di facciata, delle riforme importa poco. Anzi, la speranza e che non si arrivi mai a nulla di concreto. Il primo sguazza nelle fasi di stallo. E soffrirebbe l’isolamento dovuto al rafforzamento del legame tra il Pd e la maggioranza. Anche il secondo, probabilmente, fa il tifo contro. L’eventuale fallimento sarebbe l’occasione giusta per smontare il bipolarismo, che considera rissoso e inconcludente. Intese costruttive tra opposizione, Pdl e Lega, costringerebbero invece Pierferdi a trovare disperatamente nuovi nemici.
Poi c’è ovviamente il Partito Democratico. Diviso all’interno tra “riformisti” e tradizionalisti. Ovvero quelli che non se la sentono di sedersi al tavolo del Cav. Bersani, tuttavia, sembra uomo di buona volontà. Le condizioni dettate dal Pd appaiono però un bel po’ assurde. Non si può discutere su leggi ad personam, dicono. Quindi se un intervento si rivela utile al premier, che ce ne frega dei rimanenti 60 milioni di italiani?
I pregiudizi restano. Così come le distanze culturali con l’altra metà del cielo politico.
Ed ecco finalmente il Popolo della Libertà. Che delle riforme ha fatto da sempre un cavallo di battaglia. Il partito del presidente ha il dovere di invitare tutti al grande appuntamento storico. E di discutere in modo civile e proficuo sul da farsi. Ma poi, visto che ognuno pensa al proprio mulino, non deve farsi troppo stordire dalla retorica e dai buoni sentimenti. Chi governa ha ben diverse responsabilità rispetto agli altri. E se gli invitati alla tavola giocano a perdere, meglio cominciare da soli. I numeri ci sono, le intenzioni e la capacità anche. E, si spera, pure il coraggio per affrontare e risolvere senza timori gli antichi problemi del Paese.
Meno chiara ed evidente la posizione delle varie forze politiche.
Di Pietro e Casini, ad esempio, sono in fondo come il diavolo e l’acqua santa. Ma c’è qualcosa che li accomuna. A loro, al di là delle dichiarazioni di facciata, delle riforme importa poco. Anzi, la speranza e che non si arrivi mai a nulla di concreto. Il primo sguazza nelle fasi di stallo. E soffrirebbe l’isolamento dovuto al rafforzamento del legame tra il Pd e la maggioranza. Anche il secondo, probabilmente, fa il tifo contro. L’eventuale fallimento sarebbe l’occasione giusta per smontare il bipolarismo, che considera rissoso e inconcludente. Intese costruttive tra opposizione, Pdl e Lega, costringerebbero invece Pierferdi a trovare disperatamente nuovi nemici.
Poi c’è ovviamente il Partito Democratico. Diviso all’interno tra “riformisti” e tradizionalisti. Ovvero quelli che non se la sentono di sedersi al tavolo del Cav. Bersani, tuttavia, sembra uomo di buona volontà. Le condizioni dettate dal Pd appaiono però un bel po’ assurde. Non si può discutere su leggi ad personam, dicono. Quindi se un intervento si rivela utile al premier, che ce ne frega dei rimanenti 60 milioni di italiani?
I pregiudizi restano. Così come le distanze culturali con l’altra metà del cielo politico.
Ed ecco finalmente il Popolo della Libertà. Che delle riforme ha fatto da sempre un cavallo di battaglia. Il partito del presidente ha il dovere di invitare tutti al grande appuntamento storico. E di discutere in modo civile e proficuo sul da farsi. Ma poi, visto che ognuno pensa al proprio mulino, non deve farsi troppo stordire dalla retorica e dai buoni sentimenti. Chi governa ha ben diverse responsabilità rispetto agli altri. E se gli invitati alla tavola giocano a perdere, meglio cominciare da soli. I numeri ci sono, le intenzioni e la capacità anche. E, si spera, pure il coraggio per affrontare e risolvere senza timori gli antichi problemi del Paese.