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Riaffiorano i retaggi colonialisti in Congo

Appare assurdo riuscire a immaginare come, in conseguenza di una semplice impresa colonialista, si siano potute esacerbare le normali differenze etniche all’interno di un popolo, sino a creare le premesse per una sistematica prassi di genocidio, tuttora in corso.
È di qualche ora fa la notizia di nuovi attacchi Hutu in Congo orientale. L’Ufficio per il Coordinamento umanitario dell’ONU (Ocha) ha diffuso comunicati provenienti da autorità locali circa massacri compiuti da ribelli ruandesi Hutu appartenenti alle forze armate delle Fdlr. L’acronimo, per i molti che non ne conoscono il significato, sta per “Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda”, che tanto democratiche non sono, visto che si avvalgono unilateralmente dell’uso della forza e di metodi terroristici per ottenere la tanto agognata “liberazione” del Ruanda dall’etnia Tutsi.
Bisogna fare un passo indietro nel tempo, effettivamente, per capire le ragioni che fomentano un tale odio razziale fra Hutu e Tutsi. I primi erano una popolazione prevalentemente dedita all’agricoltura, i secondi all’allevamento e alla pastorizia. In realtà, le due etnie non erano poi tanto dissimili: entrambi i componenti parlavano la stessa lingua e avevano le medesime radici culturali e sociali.
A partire, però, dal dominio tedesco del 1897, cui seguì, per via della sconfitta della prima guerra mondiale, quello belga, si introdusse una miccia che col passare degli anni fece scoppiare le tensioni. I Tutsi, infatti, per motivi apparentemente futili – ossia per via dei loro tratti somatici, che li rendevano più simili agli occidentali e, a loro avviso, più intelligenti e affidabili – diventarono il braccio destro dei colonialisti, in ciò sobillando l’odio razziale degli Hutu, condannati a vivere ai margini della società. La cosa più inconcepibile era che, non potendosi ricavare l’etnia da indizi fisici, i colonialisti avevano avuto la brillante idea di imporre la specificazione dell’etnia stessa nei documenti di identità, andando perciò a cristallizzare l’appartenenza dei vari individui ai rispettivi gruppi.
Sappiamo, poi, cosa ne è stato del Ruanda, cosa è avvenuto in Burundi e cosa si verifica ancora oggi nel Congo. La vicinanza di questi paesi col focolaio bellico ha visto quotidianamente violazioni della pace e dei più elementari diritti umani. Si parla quotidianamente degli attacchi terroristici e delle centinaia di morti civili, ma il pesante carico delle responsabilità del passato chi più se lo sobbarca?

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