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Perché restiamo cattolici e papisti ma non amiamo i cocktail religiosi

Vi proponiamo l’intervista del Predellino a Mario Palmaro e Alessandro Gnocchi, autori dello splendido volume “Viva il Papa”, pubblicato recentemente da Vallecchi. L’intervista aiuta a comprendere cosa si muova all’interno della Chiesa e cosa abbia spinto alcuni intellettuali cattolici tra cui appunto Palmaro e Gnocchi, a firmare un appello al Santo Padre sui rischi dell’annunciato raduno religioso di Assisi.
Certo che voi due amate proprio sollevare polemiche. L’appello che avete firmato con altri sul Foglio ha fatto scoppiare un putiferio. Avete scandalizzato gli opinionisti cattolici più gettonati. Non ditemi che non ci avevate pensato prima!
Ciascuno di noi due è dotato di una moglie, regolarmente denunciata, che questa domanda l’ha posta prima della pubblicazione della lettera. Vinte le obiezioni delle legittime consorti, abbiamo scritto e firmato ugualmente il documento per un semplice motivo: crediamo che non ci sia nulla di scandaloso nel fatto che dei figli parlino a loro padre. Questo è l’animo con cui quel documento è stato pensato, scritto e pubblicato. Qualcuno può forse impedire a un figlio di dire ciò che pensa a suo padre? Ci pare proprio di no. Improvvisamente abbiamo scoperto di avere tanti fratelli toccati dalla sindrome del fratello maggiore un po’ bisbetico, forse facili alla censura quel tantino che basta i fratelli minori a invidiare per un attimo, ma solo per un attimo, lo scriva, i figli unici. Perché a noi piacciono le famiglie numerose. Piuttosto, se c’è qualcosa che deve stupire in proposito, sta nelle reazioni davvero spropositate. Evidentemente abbiamo toccato dei nervi scoperti, ma non certo quelli del Santo Padre.
Dicono siate dei presuntuosi che vogliono insegnare al Papa a fare il Papa…
Hanno detto di peggio. Hanno detto persino che avremmo voluto intimidire il Papa. Alberto Melloni, il capofila del progressismo cattolico alla bolognese, sul “Corriere della Sera”, ci ha gratificato di “zelo untuoso e cortigiano” capace di “adulazione intimidatoria” e di “ricatto laudativo”. Non solo: ha ipotizzato pure “qualche sponda interna alle Congregazioni vaticane”. Troppa grazia san Melloni. Il fatto invece, ribadiamo, è molto semplice. Il Santo Padre, che è nostro Padre almeno quanto lo è del professor Melloni, annuncia una decisione che pertiene al governo della Chiesa e non al magistero. Alcuni suoi figli, ripensando alla storia recente della Chiesa, si preoccupano di alcune possibili conseguenze e, legittimamente, poiché si tratta di un atto di governo, pensano di esprimere i loro timori. Ebbene, a chi dovevano scrivere? Al maresciallo dei carabinieri? O al professor Melloni? O, magari, andare per via gerarchica cominciando dal proprio parroco, che avrebbe sottoposto la questione al consiglio pastorale, poi si sarebbe consultato con il vicario e, in attesa di una risposta che non sarebbe mai arrivata, avrebbe lanciato messaggi subliminali durante tutte le omelie da qui all’eternità? Il bello della Chiesa è ciascun cattolico può ricorrere all’istanza suprema. Certo, sono molti, troppi, quelli che sono abituati a seguire vie oblique, a giocare di sponda e, proprio per questo, pensano che gli altri agiscano come loro. Così, se qualcuno va per la via diritta spariglia e rovescia il banco. Ma adesso permette che le facciamo noi una domanda?
A questo punto…
Ha notato che gli attacchi sono venuti, come nella miglior tradizione, dal fronte progressista e da quello conservatore? Nell’avanspettacolo napoletano di venerata memoria, questa si chiama “carrettella di andata e ritorno”. Siccome l’avanspettacolo è una scienza esatta e, quindi, ama le simmetrie, abbiamo visto i progressisti come il buon Melloni trasformarsi accesi papisti reazionari e abbiamo visto i conservatori ergersi a difensori della deriva progressista purché paludata in manifestazioni esteriori accettabili a palati di media esigenza. Nella realtà, nessuno è entrato davvero in argomento. Nessuno ha portato un’obiezione che fosse una alle nostre osservazioni. Nessuno si è preso la briga di notare che nel testo sono citati fior di documenti del magistero, da Leone XIII a Pio XI. Il massimo che hanno saputo fare è stato quello dire che, dato quanto scritto da Benedetto XVI prima e dopo la sua elezione al soglio pontificio, non si possono accampare certi timori. Ma noi abbiamo parlato di fatti concreti: chi li ha smentiti. Il problema dell’incontro di Assisi non è rappresentato solo dal Budda sul tabernacolo o dai pollo sgozzati sugli altari. È l’idea che i cattolici preghino insieme alle altre religioni l’equivoco da evitare. Secondo noi e’ giusto coltivare dialogo e perfino amicizia con tutti, ma quando si tratta di pregare, i cattolici preghino da cattolici e con i cattolici. La tradizione della Chiesa e’ sempre stata questa. E non basta dire che questo non accadrà ad Assisi. Il fatto è che Assisi, in tantissimi cattolici, genererà comunque questo equivoco. Quando si firma un appello come questo nel 2011 non ci si aspetta di essere capiti e approvati da tutti e subito. Stiamo a vedere che cosa succede nei prossimi cinquant’anni. Il tempo è galantuomo.
Ci sarà pur stata una critica che vi ha fatto pensare di aver sbagliato…
A ora non ci risulta, nessuno è entrato nel merito. Pensi che qualcuno, attaccandoci senza argomenti per quello che abbiamo detto, ha tentato di screditarci per quello che non abbiamo detto. Il nostro errore sarebbe stato quello di non aver parlato della secondo raduno di Assisi, perché quello sì che sarebbe stato perfetto. Qui non c’è tempo di entrare nel dettaglio, ma rincresce dover spiegare a chi si occupa di comunicazione la ricaduta mediatica dell’evento capofila sulla serie eventi che lo ripetono anche se con modalità parzialmente diverse. Per quanto si possano differenziare, gli atti successivi avranno sempre il marchio del primo. Che, nella fattispecie, non è stato un bello spettacolo. Dunque siamo stati attaccati anche per ciò che non abbiamo detto. Diciamo che siamo stati condannati per non aver commesso il fatto. Non male per un mondo cattolico che, in questi decenni dovrebbe essere divenuto progressivo e liberale.
Però vi ha attaccati anche Avvenire, il quotidiano dei vescovi.
E’ vero. Lo ha fatto cinque giorni dopo l’uscita dell’appello, quando ormai non ci pensava più nessuno. Ce l’hanno segnalato la sera alcuni amici con un messaggino. Un capolavoro di giornalismo dove le famose “cinque W” che vengono impresse nella testa dei praticanti il primo giorno di scuola o di redazione si faticano a trovare. “Chi, cosa, dove, quando e come” non si può dire che siano le stelle polari quell’articolo in cui il redattore non trova di meglio che citare gli insulti di Melloni. Una ritorsione personale più che un articolo di giornale. E, da questo punto di vista, onore a Melloni, che dice quel che pensa usando parole sue.
Che cosa ricavate da tutto questo?
Che in questo mondo cattolico così pluralista e democratico c’è posto per tutti tranne per coloro che la pensano diversamente. Che il Santo Padre non ha mandato le guardie svizzere ad arrestarci e a perquisire le nostre case o i nostri giornali. Che un sacco di cattolici ci hanno scritto e telefonato per sottoscrivere l’appello. Che le nostre mogli, come al solito, avevano ragione, ma avevano anche torto (Il Predellino, 20 gennaio 2011).

 

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