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Maggioranza silenziosa

Negli anni ’70 deve assistere, in silenzio, all’esasperazione del conflitto ideologico. Fare i conti con la paura, temere quelle piazze macchiate dal sangue e subire la violenza reale ed ideale di chi, tramite una presunta superiorità morale, crede di cambiare il mondo seguendo modelli improponibili.
Negli anni ’80 si prende la sue rivincite. Guidando la rinascita italica e il sorpasso all’Inghilterra. Il compromesso storico? Un lontano ricordo. Il progresso riparte dal basso, mentre la politica fatica ad assecondare fino in fondo il cambiamento.
Poi arriva Tangentopoli, gli anni ’90. E infine Berlusconi. Ovvero la Seconda Repubblica, che indebolisce la partitocrazia e rivaluta finalmente il suo ruolo. E, solo grazie a lei, l’Italia bipolare diventa, nel secondo millennio, bipartitica. Come già da tempo indecifrato accade nelle nazioni più evolute al mondo.  
Il quarto governo Berlusconi, anche grazie all’ultima semplificazione decisa dagli elettori, riesce così ad interpretare, meglio di prima, le esigenze dei cittadini. Comincia l’epoca delle tanto agognate riforme: pubblica amministrazione, università, sicurezza. I fantasmi della crisi globale vengono allontanati attraverso strategie economiche apprezzate dal resto del continente.
Ma tornano gli agguati: le campagne stampa, le piazze, i forcaioli, i gufi, i disfattisti, l’intolleranza. Una minoranza chiassosa che prova a destabilizzare gli equilibri, che non accetta il risultato delle urne. Il clima rovente degli ultimi mesi rischia di favorire il tragico epilogo: a Berlusconi, colpito al volto dopo un comizio milanese, poteva andare davvero peggio.  
E a lei, la maggioranza silenziosa che continua a sostenere un premier sotto assedio e a credere fortemente nelle sue capacità, non resta che sopportare tutto questo. Con un’aggravante: le presunte colpe del leader diventano anche le proprie.
Così, agli occhi della solita minoranza chic e militante, l’Italia diventa ignorante, razzista, egoista e soprattutto stupida. Un po’ vittima inconsapevole,  un po’ complice del famoso cavaliere e delle sue malefatte.  
Ma all’estremismo, alle provocazioni e alla violenza (da oggi purtroppo non solo mediatica),  risponde – fedele al suo stile – con dignità e responsabilità. Continuando, con la sua tanto bistratta normalità, a mandare avanti il Paese. E a difendersi con l’arma più civile: il voto.  Come fa ormai da oltre cinquant’anni.

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