Parlano entrambi portoghese. E sono, almeno in proiezione, vicini di classifica. Bisognerà aspettare il recupero di Firenze e soprattutto uno dei derby più attesi della storia.
Le assonanze tra Leonardo e Mourinho finiscono qui. Si potrebbe aggiungere l’eleganza, che non manca a tutti e due. Ma per il resto, tra i tecnici del momento, c’è un abisso. Modi opposti di stare in panchina e di relazionarsi col mondo esterno. Leo è un’esteta. Oggi il suo Milan, vedi la vittoria importantissima a Torino, ha imparato anche a soffrire. Ma il bel gioco è sempre la missione principale. La palla gira che è un amore sui campi d’Italia quando il Milan è in giornata di grazia. Spesso, negli ultimi due mesi.
Il vulcanico Josè, invece, punta dritto sul carattere e su quelle ripartenze che lo hanno reso celebre nel pianeta. Lui ama il calcio inglese, quindi predilige la grinta e l’intensità, allo spettacolo.
Poi il rossonero ai microfoni sussurra, è bello come un divo di Hollywood ma non la fa pesare. L’immagine è da basso profilo, l’atteggiamento sempre pacato. L’altro sul fascino da ribelle ci ha costruito una carriera. Irriverente, provocatore. Personaggio che non ama i media ma che li sfrutta a proprio vantaggio, per creare un mito discusso e sempre in voga.
Il brasiliano rappresenta la nuova frontiera inaugurata da Guardiola, quelli dei baby allenatori, gloriosi senza gavetta. Il portoghese invece di panchine ne ha viste tante, prima di essere illuminato dalla luci della gloria.
La stracittadina milanese non servirà quindi solo allo scudetto, l’eterna sfida meneghina darà vita anche al confronto tra due concezioni diverse di vivere la vita e il calcio. Leo e Josè, a modo loro, faranno di tutto per spuntarla.
Le assonanze tra Leonardo e Mourinho finiscono qui. Si potrebbe aggiungere l’eleganza, che non manca a tutti e due. Ma per il resto, tra i tecnici del momento, c’è un abisso. Modi opposti di stare in panchina e di relazionarsi col mondo esterno. Leo è un’esteta. Oggi il suo Milan, vedi la vittoria importantissima a Torino, ha imparato anche a soffrire. Ma il bel gioco è sempre la missione principale. La palla gira che è un amore sui campi d’Italia quando il Milan è in giornata di grazia. Spesso, negli ultimi due mesi.
Il vulcanico Josè, invece, punta dritto sul carattere e su quelle ripartenze che lo hanno reso celebre nel pianeta. Lui ama il calcio inglese, quindi predilige la grinta e l’intensità, allo spettacolo.
Poi il rossonero ai microfoni sussurra, è bello come un divo di Hollywood ma non la fa pesare. L’immagine è da basso profilo, l’atteggiamento sempre pacato. L’altro sul fascino da ribelle ci ha costruito una carriera. Irriverente, provocatore. Personaggio che non ama i media ma che li sfrutta a proprio vantaggio, per creare un mito discusso e sempre in voga.
Il brasiliano rappresenta la nuova frontiera inaugurata da Guardiola, quelli dei baby allenatori, gloriosi senza gavetta. Il portoghese invece di panchine ne ha viste tante, prima di essere illuminato dalla luci della gloria.
La stracittadina milanese non servirà quindi solo allo scudetto, l’eterna sfida meneghina darà vita anche al confronto tra due concezioni diverse di vivere la vita e il calcio. Leo e Josè, a modo loro, faranno di tutto per spuntarla.