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La Roma. Poco poco, piano piano

E’ un campionato strano, il nostro. Che seduce e poi abbandona. Regala fortune e sventure con estrema, troppa facilità. E senza nessuna pietà.
Solo due sono i protagonisti fissi della trama calcistica anno 2009/2010. La vittima sacrificale Siena e l’implacabile carnefice Inter. In mezzo è un continuo sali e scendi. Tra effimera gloria e faticose arrampicate in cerca di posti al sole. Con un occhio sempre rivolto alle spalle, tanto per non dimenticarsi del baratro.
E’ stato inizialmente il tempo della Juventus giovane e bella di Ferrara, poi quello delle genovesi terribili: il compatto Genoa gasperiniano e la spettacolare Sampdoria di Cassano. Poi a brillare, di riflesso, era il viola europeo della truppa di Prandelli e del cecchino Gilardino. Fino al Milan brasiliano di Leonardo, Pato e Ronaldinho, vero antagonista, si diceva, dei nerazzurri di Mourinho.
Come non detto. Tutto da rifare: la Seria A ha oggi una nuovo astro nascente, dal colore gialloroso e dal carattere deciso del suo allenatore. E’ ovviamente la Roma di Claudio Ranieri, capace – a poco a poco – di uscire dal tunnel e di scalare la vetta. Oggi è  finalmente davvero in alto. Davanti a sé ha solo l’Inter degli invincibili. A Firenze, nel posticipo, i capitolini hanno saputo ostentare una nuova mentalità vincente. Come non accadeva dai tempi prestigiosi di Capello. La lupa ha saputo subire gli avversari, soffrire e poi colpire, con il classico cinismo della grande, a pochi minuti dalla fine. Questa sì che un’ottima premessa. Ma il triste destino di predecessori che hanno assaporato solo per pochi attimi la gloria, prima di ricadere all’ingiù, invita tutti alla calma. E il primo a non volersi eccitare è proprio l’ex tecnico di Juve e Chelsea, puntuale nel gettare acqua sul fuoco ardente che ha riacceso una città. Visti i precedenti, meglio non farsi troppo notare. Meglio non cadere nelle stesse trappole che hanno tradito rossoneri e bianconeri. L’impresa oggi è continuare, lontano dai clamori, a correre e lavorare. Piano, piano. Punto dopo punto. Solo così, forse, si può continuare a sperare.

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