Il nostro bravo Agostino Natilli ha messo il dito nella piaga. Il PdL deve ricominciare a fare politica, e presto. Stiamo assistendo ad un film già visto. Ma i tempi sono cambiati. Già nella legislatura 2001-2006 l’allora partito cardine della coalizione, Forza Italia, dovette progressivamente cedere quote in termini di programma, potere ed elettori, per tenere unita l’alleanza che vedeva insieme Lega, Udc, An. Tra le vittime eccellenti di quella stagione ci fu Giulio Tremonti.
Cinque anni dopo quegli errori, il centro destra si trova di nuovo a dover fare i conti con la stabilità della maggioranza. Prima scalpita la Lega, poi scalpita Lombardo, ora ancora la Lega.
E’ ora di dire basta a questo teatrino. Con la consueta lucidità Sandro Bondi ha tracciato una exit strategy. Se non si vuole percorrere la strategia tracciata dal Coordinatore nazionale del PDL nulla di male, ma se ne prospetti una alternativa.
Non si può ascoltare ancora questa ignobile canea dei dialetti in un Paese, il nostro, dove l’italiano non lo sanno parlare neppure i laureati!
Non è possibile ascoltare ministri della Repubblica che perdono tempo sulla retorica dell’Inno nazionale, con tutti i problemi che ci sono di ben più seri da affrontare!
Dal 10 al 12 settembre il PDL si ritroverà nel cuore dell’Umbria, a Gubbio, per dibattere di politica. Lì, c’è da augurarselo, giungeranno risposte. Le elezioni regionali, infatti, si terranno tra cinque mesi: il centro destra le vincerà senza ombra di dubbio ma il futuro del Paese dipenderà dal successo del PDL, il partito “nazionale, tradizionale, popolare” per citare le parole dello straordinario precettore della Berlusconi Generation, don Gianni Baget Bozzo.
Occorre dunque che il Popolo della Libertà si rimetta in marcia. Occorre che il primo partito italiano smetta di smussare solo gli angoli e rilanci la propria azione politica. Al nord come al Sud. I risultati delle elezioni europee confortano: al Nord, checché se ne dica, la Lega pare aver raggiunto il suo massimo. Al Sud, la forza di Lombardo non sembra riuscire a superare lo Stretto di Messina.
Il PDL ha i numeri e i margini di azione per il partito e il governo, tanto più che l’opposizione lascia libere non angusti spazi politici, ma vere e proprie praterie.
E’ però necessario comprendere una volta per tutte che Berlusconi, in primo luogo a livello regionale, non può essere lasciato solo. Ci vuole un colpo di reni da parte della dirigenza del PDL e in particolare da coloro che provengono da Forza Italia.
Basta veramente poco per riprendere pienamente in mano il pallino e giocare da protagonisti per l’intera legislatura.
Cinque anni dopo quegli errori, il centro destra si trova di nuovo a dover fare i conti con la stabilità della maggioranza. Prima scalpita la Lega, poi scalpita Lombardo, ora ancora la Lega.
E’ ora di dire basta a questo teatrino. Con la consueta lucidità Sandro Bondi ha tracciato una exit strategy. Se non si vuole percorrere la strategia tracciata dal Coordinatore nazionale del PDL nulla di male, ma se ne prospetti una alternativa.
Non si può ascoltare ancora questa ignobile canea dei dialetti in un Paese, il nostro, dove l’italiano non lo sanno parlare neppure i laureati!
Non è possibile ascoltare ministri della Repubblica che perdono tempo sulla retorica dell’Inno nazionale, con tutti i problemi che ci sono di ben più seri da affrontare!
Dal 10 al 12 settembre il PDL si ritroverà nel cuore dell’Umbria, a Gubbio, per dibattere di politica. Lì, c’è da augurarselo, giungeranno risposte. Le elezioni regionali, infatti, si terranno tra cinque mesi: il centro destra le vincerà senza ombra di dubbio ma il futuro del Paese dipenderà dal successo del PDL, il partito “nazionale, tradizionale, popolare” per citare le parole dello straordinario precettore della Berlusconi Generation, don Gianni Baget Bozzo.
Occorre dunque che il Popolo della Libertà si rimetta in marcia. Occorre che il primo partito italiano smetta di smussare solo gli angoli e rilanci la propria azione politica. Al nord come al Sud. I risultati delle elezioni europee confortano: al Nord, checché se ne dica, la Lega pare aver raggiunto il suo massimo. Al Sud, la forza di Lombardo non sembra riuscire a superare lo Stretto di Messina.
Il PDL ha i numeri e i margini di azione per il partito e il governo, tanto più che l’opposizione lascia libere non angusti spazi politici, ma vere e proprie praterie.
E’ però necessario comprendere una volta per tutte che Berlusconi, in primo luogo a livello regionale, non può essere lasciato solo. Ci vuole un colpo di reni da parte della dirigenza del PDL e in particolare da coloro che provengono da Forza Italia.
Basta veramente poco per riprendere pienamente in mano il pallino e giocare da protagonisti per l’intera legislatura.