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Il crocefisso nelle scuole e la chiarezza nel Pd

Il crocefisso, a scuola, costituisce una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni e una violazione alla libertà di religione degli alunni.
Lo stabilisce la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo.
“La presenza del crocefisso, che è impossibile non notare nelle aule scolastiche – si legge nella sentenza – potrebbe essere facilmente interpretata dagli studenti di tutte le età come un simbolo religioso. Avvertirebbero così di essere educati in un ambiente scolastico che ha il marchio di una data religione”.  E ciò potrebbe rivelarsi “fastidioso per i ragazzi che praticano altre religioni, in particolare se appartengono a minoranze religiose o sono atei”.
Il governo italiano presenterà ricorso. Lo ha reso subito noto il giudice Nicola Lettieri, che difende il nostro paese dinanzi alla Corte.
Non si sono fatti troppo attendere i commenti dal mondo politico.
Netto il giudizio di due importanti esponenti del Pdl e dell’esecutivo. Sandro Bondi: “Queste decisioni ci allontanano dall’idea di Europa di De Gasperi, Adenauer e Schuman. Di questo passo il fallimento politico è inevitabile”. E la Gelimini: “La presenza del crocifisso in classe non significa adesione al cattolicesimo, ma è un simbolo della nostra tradizione”.
Ancora più netta la posizione di Alessandra Mussolini: “A questo punto è urgente e necessario inserire le radici cristiane nella Costituzione italiana”.
Disappunto dall’Udc e persino dall’Italia dei Valori, che con Massimo Donadi non esulta affatto: “La sentenza di Strasburgo non è una buona risposta alla domanda di laicità dello Stato, che pure è legittima e condivisibile”.
E il Partito Democratico?
Se la Binetti minimizza (“Spero che la sentenza sia semplicemente orientativa”), Vincenzo Vita non nasconde la sua soddisfazione: “La sentenza non delegittima la religione cattolica, ma la riconsegna a una spiritualità che non ha bisogno di simboli esibiti in luoghi non adibiti al culto”.
Ma il meglio arriva da Debora Serracchiani, l’astro nascente del partito, colei che guida il nuovo che avanza: “Una sentenza formalmente corretta e condivisibile, ma la tradizione culturale dalla Chiesa si intreccia con la storia del nostro Paese e richiede un approccio più complesso e una maggiore profondità di coinvolgimento”.
Più chiaro di così.
Se poi il crocefisso va tolto o no dalle scuole, ce lo dirà, magari, un’altra volta.

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