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Dopotutto non è brutto

Grazie al viaggio in Italia “da marziano” di Francesco Bonami (Dopotutto non è brutto, ediz. Mondadori – 15 euro) il lettore impara a vedere in una prospettiva nuova e meno scontata l’architettura moderna e lo sviluppo urbanistico. L’impresa è ardua perché, come premesso dallo stesso autore, “gli unici esseri viventi ad avere gusti definiti siamo noi”, gli esseri umani.
Per prima cosa Bonami tenta, esempi alla mano, di fugare il terrore diffuso per i grattacieli. Per fare ciò deve prima di tutto demolire l’interpretazione ormai radicata di skyline, ovvero la linea di dell’orizzonte. A tal proposito scomoda la Mole Antonelliana, realizzata da Alessandro Antonelli nel 1873, allora il più alto edificio del mondo. Quell’edificio, oggi tra i monumenti architettonici più apprezzati della prima capitale del Regno d’Italia, non ha forse alterato profondamente lo skyline esistente? Eppure nessuno si sogna di definirlo una bruttura. Questa, all’ingrosso, la tesi del critico.
Chi si aspetti una fotocopia del precedente – Potevo farlo anch’io – resterà deluso. Ma anche Dopotutto non è brutto è un bel libro. Solo meno romanzato, più istantaneo. Si può anzi affermare che in una quarantina di diapositive Bonami completa con successo il viaggio in Italia che aveva promesso al lettore. Tuttavia in questo suo secondo lavoro l’autore è più arido e un po’ meno avvincente, ma non per questo scadente. Semmai talvolta un poco noioso. Però il volume contiene spunti interessanti: scrive Bonami a proposito della tanto deprecata Ara Pacis di Roma: “il punto però non è se l’architettura dell’Ara Pacis sia brutta, bella o cattiva. Il punto è che le città crescono e si trasformano attraverso successi ed errori. Bernini pensava che Borromini fosse un cane, eppure a piazza Navona ci sono sia una fontana del Bernini che una chiesa del Borromini. A nessun amico del Bernini è mai venuto in mente di abbattere la chiesa di Sant’Agnese, né ad un tifoso de Borromini di far saltare in aria la fontana dei quattro fiumi del Bernini”. E ancora: “distruggere quello che hanno fatto i nostri predecessori è una forma di barbarie di ritorno”. Il libro non è un elogio del nuovo a tutti i costi. Per Calatrava e il suo ponte a Venezia non mancano osservazioni e rilievi, mentre oggetto di critiche anche pesanti sono i vari Massimiliano Fuksas, Giuliano Vangi (“mai abbastanza dimenticato”), Mario Botta (“le sue costruzioni non hanno mai a che fare con i luoghi dove vengono costruite”) e Oliviero Toscani (“l’Oliviero extra vergine nazionale fa finta di parlare alla società ma alla fine cerca solo scandalo”).
Insomma Bonami, che parlerà domenica al Festival della Mente di Sarzana, leva a sé e al lettore non pochi sassolini dalle scarpe. Dopotutto non è brutto si appesantisce però del gusto della battuta ad ogni costo, tanto che ad un certo punto sembra di leggere uno stenografico del Mentana di Matrix. Un mare di doppi sensi, giochi di parole e battutine affogano i concetti interessanti sviluppati nel libro. Insomma il troppo stroppia e Bonami, indubbiamente dotato di senso dell’umorismo, esagera a tal punto che già intorno a pagina 43 si avverte un po’ di stanchezza. A quel punto di pagine ne restano altre cento da leggere. Non c’è da disperarsi. Dopotutto non è brutto.

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