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COSTITUZIONE “DATATA”: INTOLLERABILE OFFESA O EVIDENTE VERITÀ?

“Su quelle pagine ha giurato, se non gli piacciono se ne vada a casa”, “Ha dimostrato quel che è, un dittatorello”: sono solo alcuni degli attacchi più recenti rivolti al Presidente Silvio Berlusconi. Il grave crimine di cui questa volta il Premier si sarebbe macchiato è quello di avere definito la nostra Costituzione “datata” e di aver ricordato che governare con il condizionamento delle innumerevoli regole imposte dalla nostra Carta fondamentale costituisce “un inferno”. Chi reagisce con durezza e veemenza a queste considerazioni mostra dunque di ritenere la Costituzione un totem intoccabile, la cui semplice critica, anche se riferita soltanto ad alcune disposizioni, rappresenta una vera e propria infamia. Ma è davvero così? Davvero non è possibile  avanzare delle riserve su alcune parti della Carta del ’48 senza essere tacciati di lesa maestà?
La nostra Costituzione, al pari di molte altre, disciplina sia i diritti e i doveri dei cittadini, sia l’organizzazione dello Stato. Le disposizioni relative ai diritti umani si distinguono da quelle di molti altri Paesi per la loro ampiezza e completezza: nel nostro ordinamento trovano infatti tutela costituzionale i diritti più disparati, da quello degli inabili e minorati all’assistenza, a quello degli imputati di lingua straniera ad un interprete. E ciò chiaramente costituisce un notevole e significativo pregio della Carta fondamentale. Non si può però trascurare il fatto che alcune disposizioni legate ai diritti economici risentano dell’epoca in cui furono redatte, e siano pertanto adattabili con forte difficoltà all’attuale realtà globalizzata. In particolare, il riferimento alla necessità che, mediante programmi e controlli, l’attività economica pubblica e privata venga “indirizzata e coordinata a fini sociali” (art. 41), e la presenza di una norma (art. 43) che prevede espressamente la possibilità di nazionalizzazioni, senza neanche menzionare le liberalizzazioni, rappresentano degli evidenti anacronismi, e possono costituire un freno per incisivi interventi in favore della concorrenza.
Ma è nella parte relativa all’organizzazione dello Stato che si riscontrano le maggiori criticità. Nella redazione di questa sezione della Carta i Padri Costituenti furono infatti spinti dalla giusta e comprensibile esigenza di predisporre tutte le cautele idonee ad evitare qualsiasi rischio di ricadute in regimi totalitari. Ne è così derivato un articolato e complesso sistema di pesi e contrappesi che, pur perfettamente conforme agli obiettivi dei membri dell’Assemblea Costituente, appare sempre di più  una pesante zavorra per ogni tentativo di portare a compimento riforme ampie  e strutturali. Sono state infatti istituite due Camere, per un totale di 945 membri, chiamate a svolgere funzioni perfettamente identiche e ad approvare ogni progetto di legge nel medesimo testo, cosicché anche la semplice modifica di una sillaba o di un segno di interpunzione preclude la conclusione del procedimento legislativo. Si tratta di una situazione che non ha ormai pari in nessun Paese europeo: persino l’ordinamento giuridico della Romania, unico Paese dell’UE in cui vige un sistema di bicameralismo quasi perfetto, prevede che tale “navetta”  abbia termine dopo il terzo passaggio. E le lungaggini dell’iter formativo delle leggi non trovano neanche un adeguato contraltare nei poteri del Governo, abilitato ad intervenire con atti di rango legislativo solo in casi straordinari di necessità ed urgenza.
A ben vedere, quindi, molti dei mali della politica, che hanno fatto sorgere il mito della “casta” da abbattere, traggono origine proprio dal fatto che la Costituzione, in alcune sue parti, sia palesemente “datata”. Deve dunque essere proprio il mondo politico, per recuperare credibilità agli occhi dei cittadini, ad individuare e realizzare le soluzioni per superare tali problemi. È perciò non solo giusto, ma addirittura doveroso, che i principali attori della vita istituzionale, ed in primis il Presidente del Consiglio, evidenzino con vigore la necessità di un aggiornamento del dettato costituzionale, impegnando tutto il proprio carisma e la propria autorevolezza per dare finalmente inizio ad un’opera di riforma che il nostro Paese, ormai da troppo tempo, attende.

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