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Confcooperative, 90 anni dalla parte giusta

Confcooperative festeggia quest’anno il suo novantesimo anno di età. La confederazione delle cooperative cosiddette “bianche” o, per meglio dire, di ispirazione cristiana, ha un secolo di vita ma non lo dimostra affatto. Anzi, numeri e opere della cooperazione, che a dispetto di falsi miti, in Italia è prevalentemente “bianca” e non “rossa”, dimostrano che essa rappresenta un’importante fetta dell’economia italiana.
La potente confederazione guidata ormai da anni dal bolognese Luigi Marino vanta tre milioni di soci e più di mezzo milione di occupati suddivisi in 20.050 cooperative che, complessivamente, fatturano la bellezza di oltre 61 milioni di euro. Cifre che fanno riflettere su quanta strada è stata fatta dal 1919, anno in cui nasce la Confederazione Cooperativa Italiana. Il 1919 è un anno importante, lo stesso in cui don Sturzo dà l’avvio all’impegno dei cattolici nella vita politica del Paese. Un impegno preceduto dalla celebre enciclica emanata nel 1891 da Leone XIII, la Rerum Novarum, e che promosse da subito lo sviluppo dell’Opera dei Congressi, prestigiosa antenata di Confcooperative.
Due anni dopo la nascita della Confederazione Cooperativa Italiana si tiene a Treviso il primo congresso ma già nel 1922 il mondo cooperativo di ispirazione cristiana deve fare i conti con l’inquadramento forzato e spesso violento nell’ordinamento corporativo fascista.
Conclusasi la lunga stagione del fascismo e della guerra, il  movimento cooperativo riprende il proprio cammino. Nel ’45 si ricostituisce la Confederazione e nel 1946 si tiene la prima assemblea nazionale. Viene dato alle stampe anche il primo numero de ‹‹L’Italia Cooperativa››. Don Sturzo è ancora negli Stati Uniti ma esprime comunque il proprio augurio affinchè il nome scelto per la testata ‹‹non sia solo un titolo che riafferma l’idea e la pratica della cooperazione tra italiani, ma l’insegna per il futuro del nostro Paese››.
Nel 1948 i Padri Costituenti riconoscono il valore della cooperazione e lo sanciscono all’articolo 45 dove si afferma la sua ‹‹funzione sociale››. Tale riconoscimento apre la strada all’impegno dello Stato di favorire e promuovere la crescita cooperativa con i mezzi più adeguati.
Il confronto con l’organizzazione delle cooperative rosse, la Lega delle Cooperative, è per quest’ultima impietoso. La Lega Coop risulta più forte, per non dire egemone, soltanto guarda caso nelle regioni tradizionalmente guidate dal Pci-Pds-Ds. Nel resto del Paese è una realtà marginale.
E’ la legislatura berlusconiana 2001-2006 a dare maggiore soddisfazione al mondo della cooperazione italiana che, come è stato ricordato, è tutt’altro che di sinistra.
E’ nel primo quinquennio berlusconiano, infatti, che la legge finanziaria estende il ristorno a tutti i settori cooperativi ribadendo l’inderogabilità delle clausole mutualistiche. Con la legge 142 del 2001 vengono apportate profonde innovazioni alla disciplina delle società cooperative. Si stabilisce in particolare che i soci hanno la possibilità di porre in essere un distinto rapporto di lavoro con la società cooperativa. Nel 2004 entra poi in vigore la tanto attesa riforma del diritto societario (decreto legislativo 6/2003), nell’ambito della quale la disciplina delle società cooperative recepisce molte delle indicazioni di Confcooperative e delle altre organizzazioni cooperative.
Dopo un secolo di duro lavoro, l’impegno sociale lanciato da Leone XIII e portato avanti da Murri e Toniolo ha raggiunto cifre da capogiro che sono l’orgoglio di questa grande organizzazione di ispirazione cristiana. Basti pensare alla forza economica delle banche di credito cooperativo che da sole sfiorano i 9 milioni di fatturato, oppure agli occupati nel settore agricolo e alimentare, dove Confcooperative è fortissima: ben 65 mila persone. O ancora ai lavoratori impegnati nel settore sociale: 184 mila.
Il feeling con il centro destra non è un ricordo del passato. Anche durante questa legislatura si registra un asse di ferro tra l’organizzazione presieduta da Luigi Marino e il governo presieduto da Silvio Berlusconi. Aperto è stato ad esempio il sostegno della confederazione di via della Conciliazione sia al Piano Casa che alla riforma edilizia annunciata dal premier, iniziative entrambe non ancora decollate per responsabilità esclusiva delle Regioni.
Ma più recentemente le cooperative cattoliche stanno offrendo la loro forza, e non è poca, al progetto di una banca per il Mezzogiorno portato avanti negli ultimi mesi dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti. La storica vocazione solidale e territoriale del credito cooperativo potrebbe rivelarsi determinante per aprire i rubinetti alle piccole e piccolissime imprese che oggi trovano difficoltà pressoché insormontabili da parte del sistema bancario italiano.

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