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Caso Englaro, chi vince e chi perde

La morte di Eluana Englaro, al di là delle rivendicazioni di parte, non vede vincitori. Di fronte alla morte di una persona, di fronte all’uccisione di un essere vivente, perdono tutti.
Eppure non si può non rilevare alcuni effetti che la morte di questa giovane donna hanno prodotto e produrranno a breve nella politica e nella società italiana.
Anzitutto l’uccisione di Eluana Englaro – perché di eutanasia si tratta, come ha osservato la stampa internazionale – porterà in tempi brevi all’approvazione di una legge sulla fine della Vita (Testamento biologico) che sarà necessariamente calibrata sulle posizione della maggioranza e del “Popolo della Vita”. Dunque in Italia non sarà più possibile far morire un individuo per fame o per sete.
Ciò avverrà indipendentemente dagli orientamenti dell’opposizione, del Pd e del suo segretario, Walter Veltroni, che con gli atteggiamenti e i veti espressi negli ultimi giorni, ha pienamente dimostrato di essere un “dead man speaking”. Veltroni è il leader di una politica che decide di non decidere, sceglie la strada di Ponzio Pilato che si rimette non alle decisioni del Sinedrio ma a quelle di una Magistratura che da troppo tempo si è fatta Potere e che ha determinato la fine della vita di una cittadina italiana. Sono i magistrati i soli a poter rivendicare di aver potuto imporre le loro decisioni. E’ l’ennesimo caso che richiama l’assoluta urgenza di una radicale riforma della Giustizia.
E’ difficile non schierarsi con il presidente del gruppo PdL al Senato, Maurizio Gasparri. La morte di Eluana Englaro poteva essere evitata. Non è stato così per la scelta del Presidente della Repubblica di negare la firma ad un decreto del governo votato all’unanimità dal Consiglio dei Ministri.
Eluana Englaro è oggi la martire della battaglia della Vita sulla Morte. In questa battaglia il presidente della Camera, che dopo questa tragedia non è più leader né di An e né del Popolo della Libertà, ha scelto di schierarsi con i laicisti più ferocemente ideologici, con il Presidente della Repubblica che aveva compiuto una pesante ingerenza sul governo. Fini ha agito contro la coscienza nazionale, contro il Volksgeist, lo spirito del popolo. Qualcuno ha detto: così Fini può scordarsi di succedere a Berlusconi. Non sarà mai premier. Fini questo già lo sapeva.
L’uomo degli strappi ha deciso di giocare un’altra partita. Quella per il Quirinale. Ebbene. Ha giocato e ha perso. L’ex segretario nazionale del Fuan può mettersi il cuore in pace: non salirà mai al Colle. Stanti gli attuali rapporti tra le forze politiche, infatti, non v’è dubbio che egli sia oggi il candidato della Sinistra alla Presidenza della Repubblica. Ma non avrà mai i voti del centro destra. Quali garanzie offrirebbe, del resto, Gianfranco Fini? Ha dimostrato di essere inaffidabile sul piano politico, inattendibile sul piano dei valori. Al Presidente della Repubblica è richiesto equilibrio, saggezza, autorevolezza e anche, last but not least, consenso nel Paese. Gianfranco Fini non ha nulla di tutto ciò. La morte di Eluana Englaro lo condanna, definitivamente, all’irrilevanza politica.

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