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Carceri bollenti ad agosto, per il caldo e non solo

Nel corso del meeting di Rimini il ministro della Giustizia ha affrontato la situazione delle carceri e della funzione rieducativa della carcerazione, temi già a cuore al Guardasigilli, che a marzo si era espresso sulla necessità di un intervento, e portati alla ribalta dall’Unione europea.
La Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha infatti comminato all’Italia una multa di mille euro come risarcimento danni morali per un detenuto bosniaco costretto per alcuni mesi, tra il 2002 e il 2003,  a condividere una cella di Rebibbia di 16 metri quadri con altre cinque persone.
Il problema del sovraffollamento carcerario nel nostro Paese è davvero allarmante: a fronte di 41 mila posti regolamentari ”ci sono oltre 63 mila detenuti – ha affermato il ministro – di cui oltre ventimila sono stranieri. Significa che le carceri italiane sono idonee a ospitare i detenuti italiani, ma con l’aggiungersi degli stranieri si supera non solo la capienza regolamentare, ma anche quella tollerabile.”
Alfano lancia quindi un appello all’Ue a farsi promotrice di trattati o a dare risorse economiche agli Stati più soggetti a questo problema, da destinare alla costruzione di nuove carceri.
Proprio nei giorni bollenti delle ferie di agosto si è svolta l’iniziativa “Ferragosto in carcere”, che ha portato quasi 200 esponenti politici, tra parlamentari, senatori e consiglieri regionali, a visitare di persona le carceri, toccando con mano la situazione e sensibilizzando l’opinione pubblica su una tematica spesso trascurata.
Da qui, la pubblicazione di un dossier che denuncia una situazione davvero preoccupante, con condizioni ostative alla realizzazione di quel dettame costituzionale, l’articolo 27, secondo il quale il carcere e le istituzioni dovrebbero attivarsi per rieducare e reinserire la persona detenuta. Il dossier si fa portavoce di un disagio profondo, quello che si prova in condizioni di particolare affollamento, dove la mancanza di spazio vitale si tramuta di sovente in un senso di oppressione. Il tutto accompagnato dalla mancanza di percorsi di reinserimento e rieducazione dei detenuti, meno di un quarto dei quali è coinvolto in attività lavorative.
Negli ultimi sessant’anni, ha ricordato Alfano, per risolvere il sovraffollamento delle carceri si è ricorsi a indulti e amnistie, «trenta dal 1948 a oggi, in pratica una ogni due, tre anni. Ma noi abbiamo scelto un’altra strada che risponda al bisogno di sicurezza dei cittadini e alla dignità della persona: costruire nuove carceri e educare al lavoro i detenuti. “ nonostante la crisi infatti non ci sono stati tagli per i progetti che favoriscono il lavoro nelle carceri “perché il lavoro abbatte la recidiva”.
Secondo le stime il sistema penitenziario italiano ha un costo annuo pari ai 3 miliardi di euro, e la diminuzione di un solo punto percentuale della recidiva corrisponde ad un risparmio per la collettività di circa 51 milioni di euro.
Riguardo alla percentuale massiccia di stranieri l’espulsione a fine pena sembra ormai a tutti quasi inutile, vista la difficoltà di un percorso di reinserimento, educativo e sociale, data la mancanza di prospettive per il lavoro e di punti di riferimento per la casa, quasi tutti non hanno e non hanno mai avuto il permesso di soggiorno.
Intanto da Bruxelles arriva pronta la replica della Commissione europea che, attraverso uno dei portavoce, si dichiara pronta ad ascoltare, a collaborare, a trovare una soluzione, puntualizzando però che «la gestione quotidiana della giustizia spetta agli stati membri».

 

 

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