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Beautiful d’Arabia: lifting maschile, è boom negli Emirati

Allah è bello e ama la bellezza. Questo è un detto del profeta Maometto citato nella Sunna
( quegli atti e detti del Profeta che costituiscono la seconda fonte della legge islamica dopo il Corano) e a giudicare dai numeri parrebbe che questo enunciato sia stato preso alla lettera dai fedeli dell’ultima religione rivelata.
Nella culla dell’Islam, l’Arabia Saudita, e nei paesi limitrofi del Golfo come gli Emirati, i dati non lasciano dubbi: agli uomini arabi piace sembrare più giovani e attraenti. Infatti, il numero dei maschi arabi che si sottopongono a interventi chirurgici correttivi sono sempre di più. Un terzo dei clienti delle cliniche di Dubai è oggi composto da uomini; Allergan, l’azienda americana che produce creme antirughe, ha aumentato le sue vendite del 40% in Arabia Saudita.
Se fino a qualche anno fa parlare di bellezza maschile era associato a un’idea profana della concezione e dell’immagine dell’uomo arabo, oggi invece la sacralità della bellezza esteriore è un realtà in ascesa sia nel linguaggio dei media che nella vita quotidiana. In base a un’intervista rilasciata a buninessarabia.com, l’esperta in chirurgia plastica Bhutania Shunnan ritiene che le operazioni chirurgiche nei paesi del Golfo siano ormai talmente diffuse e accettate che la benda attorno al naso dopo l’operazione è diventata una sorta di status symbol soprattutto tra i professionisti e i businessmen dai 40 anni in su.
Secondo i dati della camera di commercio di Dubai, il mercato dell’Healthcare negli Emirati ammonta al 6% del pil di riferimento dei prodotti e settori non petroliferi. Il giro di denaro di questa industria arriverà a toccare una cifra stimata intorno agli 11,9 miliardi di dollari nel 2015. Nel 2005 era di 3,2 miliardi. Nel 2005 erano solamente 35 le cliniche specializzate registrate. Oggi sono centinaia. Il trapianto di capelli, la rimozione dei peli superflui, la liposuzione, il lifting, il rifacimento del naso, sono le operazioni più eseguite. Sempre rispetto al 2005, il numero di interventi di lifting è aumentato del 39% e quello della riduzione del grasso superfluo del 22%. Anche le aziende e i professionisti stranieri soprattutto americani ed europei stanno incominciando ad aprire cliniche specializzate in interventi correttivi negli Emirati. Oltre a un climate business già di per sé molto favorevole al know how occidentale e una vivace e lucrosa diversificazione del mercato e delle industrie ( turismo, infrastrutture, finanza), la crescita della domanda di interventi, la disponibilità economica dei clienti, un sistema di tassazione favorevole alle
imprese straniere, una previsione di crescita dell’industria stimata intorno al 15% l’anno, sono incentivi più che vantaggiosi per investire negli Emirati.
Considerando l’atmosfera conservatrice dei paesi del Golfo in particolare l’Arabia Saudita, questa presa di coscienza relativa alla sacralità della bellezza non sarà una scoperta attraente come il quarto segreto di Fatima, tuttavia la fine del tabù della bellezza maschile ha una valenza economica e mediatica che presta aiuto a ragionare sull’impatto dei media e dei loro linguaggi sulle dinamiche interpersonali e professionali in alcune società nel medio oriente.
Qualcosa in effetti sta cambiando. Come mai una cultura iconoclasta conservatrice come quella saudita e degli Emirati che fa della privacy e della riservatezza del corpo uno dei cardini su cui basare i codici di comportamento in pubblico, dà ora così tanta importanza all’aspetto esteriore?
L’aumento delle disponibilità economiche degli autoctoni e degli espatriati che lavorano a Dubai e nei paesi limitrofi è la spiegazione più ricorrente ma allo stesso tempo la meno esauriente. Qualcosa in realtà è mutato nel linguaggio dei media arabi e nei rapporti interpersonali a livello professionale.
In base a un’analisi di Arabiannews, il boom dei centri chirurgici non è esclusivamente proporzionale
all’aumento del prezzo del petrolio; l’impatto più consistente troverebbe una plausibile correlazione con il lancio e il successo di decine di nuovi canali satellitari arabi e un passaggio dal sacro al profano dei contenuti e dei linguaggi usati.
Oggi, il mercato televisivo in medio oriente conta circa 500 canali satellitari gratuiti che spaziano da entertainment, news, talk show , sport, design, cura del corpo e canali business e finanza.
Non sarebbe quindi da sottovalutare che sia proprio il linguaggio occidentalizzato dei nuovi media arabi, la produzione di programmi come Star Academy, il Grande Fratello, il design futuristico dei nuovi palazzi e gli audaci look delle cantanti libanesi nei loro video musicali, a contribuire alla promozione di una cultura dell’apparenza molto simile a quella occidentale e a creare la percezione che per aver più successo nel mondo del lavoro un aspetto più giovanile gioca un ruolo determinante.
Non a caso, in una ricerca del centro ricerche Chartered Management Institute, il 39% degli intervistati ha affermato che la percezione diffusa tra i professionisti tra i 30 e 39 anni che lavorano nei paesi del Golfo, riguarda il fatto che l’avanzamento a livelli più elevati nelle gerarchie aziendali è direttamente proporzionale all’età. I giovani professionisti in carriera ritengono di avere più chance rispetto ai loro colleghi over 50. Il clima lavorativo è competitivo e dinamico, si cambia lavoro con facilità e frequenza e un aspetto giovanile e dinamico aumenta le chance di una buona impressione ai colloqui di lavoro.
Ormai, il mix tra nuovi linguaggi dei media e il processo di americanizzazione della cultura del mercato del lavoro negli Emirati e in Arabia Saudita ha prodotto una percezione della propria immagine talmente nuova e forte da far speculare come il linguaggio dei nuovi media sia più influente e vanti un appeal superiore al linguaggio del medium per eccellenza in medio oriente, ovvero il luogo di culto. Paradossalmente, la mercificazione del corpo maschile arabo per motivi professionali è un’interessante dinamica mediatica sociale che testimonia una apertura sociale delle società conservatrici in medio oriente e l’influenza dei media come trend setter nel dinamico e futuristico hub economico dei paesi del Golfo.
 
 
 
Articolo pubblicato da Il Sole 24 Ore 

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