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Baget Bozzo, Benedetto XVI e il martirio della Chiesa

Don Gianni aveva visto giusto anche su Fatima, quando rivelava che era sbagliato ridurre la rivelazione della Madonna ad una previsione, sia pure drammatica e importante, della biografia di Karol Wojtyla.
Una riflessione condivisa oggi anche da Benedetto XVI in Portogallo: ‹‹Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa. Qui rivive quel disegno di Dio che interpella l’umanità sin dai suoi primordi: “Dov’è Abele, tuo fratello? […] La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!” (Gen 4, 9). L’uomo ha potuto scatenare un ciclo di morte e di terrore, ma non riesce ad interromperlo… Nella Sacra Scrittura appare frequentemente che Dio sia alla ricerca di giusti per salvare la città degli uomini e lo stesso fa qui, in Fatima, quando la Madonna domanda: “Volete offrirvi a Dio per sopportare tutte le sofferenze che Egli vorrà mandarvi, in atto di riparazione per i peccati con cui Egli è offeso, e di supplica per la conversione dei peccatori?» (Memorie di Suor Lucia, I, 162)”.
Scrivendo nel 2000 del mistero di Fatima al settimanale Tempi, don Gianni affronta, senza alcuna reticenza, aspetti centrali della recente storia della Chiesa moderna: «Credo che la presentazione dello scritto di suor Lucia (…) sia stata troppo attratta dalla identificazione di Giovanni Paolo II con il papa che cade morto sotto i colpi della persecuzione comunista della Chiesa. Ciò – annota don Gianni – ha fatto della profezia una cronaca ante eventum: e la profezia non è mai questo».
«La lettera di suor Lucia non contiene formalmente una profezia: questa abitualmente avviene per locuzione. Suor Lucia racconta una visione e le visioni hanno struttura simbolica. Quando nell’Antico Testamento avvengono delle visioni la locuzione divina le interpreta. È uso costante dei profeti unire alla visione la locuzione divina. Dio – afferma risoluto il teologo genovese – parla chiaro».
«La visione di suor Lucia va dunque interpretata – spiega don Gianni – non come una predescrizione dell’attentato di Alì Agca, ma come la previsione di un evento storico, il martirio della Chiesa sotto il comunismo. Aver mancato questo punto ed aver ridotto la lettera di suor Lucia ad una previsione della biografia papale conduce ad una visibile contraddizione.
Nella visione l’uomo vestito di bianco muore. E Giovanni Paolo II non è morto. Aver scelto questa strada – punge criticamente il teologo – ha condotto il cardinale ad arrampicarsi sugli specchi per spiegare che la profezia non si è verificata».
Invece, per don Gianni, «la visione era chiara e si è verificata». «Suor Lucia ha visto la sofferenza della Chiesa contro la più radicale persecuzione avuta nella sua lunga storia. Mai Satana aveva attaccato tanto la Chiesa quanto ha fatto con il comunismo, che voleva sradicare non solo la religione, ma il desiderio religioso». Ecco l’interpretazione suggestiva e alternativa che invece don Gianni dà del terzo mistero: «Io ritengo che la figura vestita di bianco che muore sia il papa, ma come figura del martirio della Chiesa universale».
Un martirio che prosegue ancora oggi, sotto i colpi violenti di un nuovo nemico del Cristianesimo: il furore ideologico nichilista, ateo e anticlericale che si fa sempre più forte, o per interesse o per ignavia. Dice il Pontefice nell’omelia pronunciata durante la Messa sulla spianata del santuario: «Anch’io sono venuto come pellegrino a Fatima, a questa “casa” che Maria ha scelto per parlare a noi nei tempi moderni» (il Predellino). 

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