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Alice nel paese della delusione

La sala cinematografica è gremita di gente, tutti muniti di occhialini 3D, ansiosi di vedere un capolavoro della nostra infanzia riportato sugli schermi cinematografici dall’eclettico Tim Burton e soprattutto di ammirare la “deliranza” del mitico Jhonny Depp.
Improvvisamente siamo catapultati, insieme alla protagonista, in un mondo buio, in un paese che di meraviglioso ha ben poco, popolato da personaggi infelici e nostalgici.
Alle avventure caotiche e senza senso ma allo stesso tempo divertenti, cui eravamo abituati dal lungometraggio Disney, questa volta il viaggio di Alice pare essere troppo scontato, ha un destino già scritto sull’oracolo ed ha la missione di sconfiggere un nemico.
Lontanissimi dunque dai testi originali di Carrol, dal cartone animato ma anche dallo stile di Burton che nei suoi film non dà mai niente per scontato. I personaggi che scappano verso un mondo buio e oscuro alla ricerca del diverso questa volta sono sostituiti da un’ Alice che cade in un luogo tenebroso per portare la normalità.
Il viaggio nel sottomondo appare come una corsa verso il conformismo, verso personaggi e luoghi a cui siamo abituati, a cavalieri con un’armatura e una spada che sconfiggono il mostro di turno.
Anche il 3D è deludente ostacolato soprattutto dalle scenografie buie caratterizzanti dello stile burtiano e dal fatto che più della metà del film si può vedere benissimo anche senza occhialini.
Da uno come Burton ci si aspettava una pellicola differente, più entusiasmante e più pazza. Ma forse il regista ci ha voluto far capire proprio la difficoltà di divertirsi nel mondo di oggi, un mondo che va alla ricerca della felicità attraverso l’economia, in cui i personaggi, i movimenti, i dialoghi sono tutti uguali… conformismo in una parola.
L’unica sensazione bella che ha lasciato questo film è stata la voglia di correre a casa per allietarsi con il vecchio caro cartone Disney.

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