Politica

Vaticano, il Papa è solo?

Il Papa è solo? La sua azione pastorale è supportata dai suoi principali collaboratori o è addirittura osteggiata?
I segnali che giungono dai sacri palazzi sono a dir poco inquietanti e gettano una luce sinistra – spiace scriverlo – sul futuro della chiesa cattolica. L’ennesimo corto circuito mediatico riguardante il ricorso all’uso del preservativo da parte di “un prostituto”, di cui il Papa ha parlato nel suo ultimo libro-intervista, fa realmente dubitare sul corretto funzionamento delle strutture vaticane. In primo luogo ad essere in discussione è l’ufficio stampa della Sala vaticana, diretto dal padre gesuita Federico Lombardi.
La situzione è davvero grigia se un intellettuale cattolico come lo scrittore Alessandro Gnocchi, autore con Mario Palmaro del volume “Viva il Papa!” edito da Vallecchi, accusa: «Se l’errore è stato compiuto in buona fede c’è un autogol di portata epocale, ma purtroppo ho difficoltà a pensarlo. Le dieci righe sulla sessualità, sul preservativo e la prostituta (o il prostituto poco importa, come ha precisato il portavoce della Sala Stampa Vaticana padre Lombardi) a mio avviso sono state volutamente inserite. Mi riesce davvero difficile pensare che chi si occupa di comunicazione e vive nello stesso mondo che pratichiamo noi non abbia pensato che avrebbero prodotto l’effetto che è sotto gli occhi di tutti. Inoltre, la coincidenza con il Concistoro e la creazione dei nuovi cardinali, che sono stati completamente oscurati, diciamo che qualche sospetto sulle intenzioni lo alimenta. Non dobbiamo dimenticare che questo è uno scoop creato in casa e di cui non si può incolpare la solita stampa laica». E ancora: «Non è questione di nostalgia per Navarro Valls, l’eccezionale portavoce di Giovanni Paolo II. L’attuale strategia comunicativa è disastrosa. Più che notizie, la Sala Stampa vaticana sembra produrre “topiche”. Non li prenderei neppure come praticanti». Ma perché un cattolicissimo come Gnocchi se la prende con l’ufficio stampa vaticano? Perché – questa è l’opinione prevalente, sussurrata e non detta all’interno del mondo cattolico, quella sortita del Papa sul preservativo, gestita a tavolino e resa in forma sul quotidiano della Santa Sede non poteva e non doveva assolutamente trasformarsi in boomerang. E, se ciò è avvenuto, il problema è grave.
I blog dei vaticanisti più illustri, nei giorni scorsi, impazzavano di commenti di questo tenore: «Senza offesa per nessuno, ma è assolutamente impensabile che certi scivoloni, certe distrazioni degli organi di comunicazione della Santa Sede possano verificarsi in maniera tanto frequente e marchiana. Se non siamo al complotto di Palazzo….poco ci manca…».
Anche perché altri segnali depongono assai male su ciò che sta accadendo all’interno della Chiesa e a “cantare”, a dare indicazione al nostro settimanale e a voi lettori di quanta confusione ci sia in Vaticano, è proprio il neo direttore della Cappella Sistina, don Massimo Palombella, che si è preso la briga di firmare un editoriale che lascia sbalorditi. Il direttore del coro che dovrebbe fare da esempio per la Chiesa universale non teme di scrivere che la musica liturgica precedente il Concilio Vaticano II era solo un “ornamento” estrinseco alla celebrazione. Il gregoriano e la grande polifonia puro accessorio? Mentre “pertinenti” e “costitutive” della liturgia sarebbero certe canzonette oggi in uso. Per don Palombella il repertorio musicale creato per la liturgia precedente al Concilio Vaticano II oggi non ha più alcuna “pertinenza rituale”. Una messa di Palestrina, di Mozart, o di Perosi potrebbe ancora essere riesumata solo “in occasioni speciali e in determinate situazioni storico-culturali”, insomma per amanti dell’antiquariato! Una linea – quella di don Palombella – che stride clamorosamente con quella di Benedetto XVI, il Papa che ha puntato molto sul recupero della tradizione liturgica e che, addirittura, ha riammesso l’uso – in forma alternativa e facoltativa – della messa in latino vigente fino al Concilio Vaticano II. Un intervento, questo di don Palombella, che in ambiente politico avrebbe come minimo comportato le dimissioni. Ma la confusione è tale all’interno delle gerarchie che evidentemente don Palombella non ritiene di dover rispondere al Santo Padre circa la direzione del Coro di San Pietro.
Andiamo oltre. Il libro-intervista del Papa è pietra dello scandalo per una settimana e che cosa fa l’ufficio stampa della “Libreria editrice vaticana”?
Martedì 23 novembre, giorno della presentazione del libro, l’ufficio è vuoto. Nessuno risponde al telefono se non il centralino della casa editrice, che informa appunto che «oggi non c’è nessuno». Roba da matti! E il giorno seguente, al giornalista del Punto che chiedeva di poter ricevere la versione digitale del libro del Santo Padre, l’ufficio stampa ha risposto che il «non è disponibile, in quanto il libro è in ristampa a causa di numerosi refusi». Cioè errori. Ma è possibile stampare il libro del Papa, non controllarlo e ricontrollarlo e pubblicare «numerosi refusi»? Ciò naturalmente mentre decine di migliaia di copie del libro giacevano negli scaffali delle librerie o venivano acquistate o regalate. Bell’esempio di professionalità. La “Libreria editrice vaticana” ha fatto i salti mortali per fornire una versione corretta e definitiva in pochi giorni ma, s’intende, il danno è fatto.
E mentre i collaboratori del Papa compiono errori sbalorditivi, Benedetto XVI miete successi. Il bilancio della visita in Spagna, ad esempio, è tale da meritare la celebrazione da parte dell’Unità: «I luoghi spagnoli visitati da Benedetto XVI hanno beneficiato di una notevole attenzione mediatica. Un’agenzia specializzata ne ha calcolato il valore». Il giornale fondato da Antonio Gramsci e oggi diretto da Concita De Gregorio scrive: «Se le autorità spagnole avessero programmato una campagna di promozione per le regioni e le realtà socio-economiche visitate durante i due giorni da Benedetto XVI, avrebbero dovuto spendere circa 67 milioni di euro. Il consuntivo di Kantar Media è assai preciso: la visita del Papa ha generato un flusso di 6026 notizie. Le quali, distribuite attraverso i canali della comunicazione (a Santiago e a Barcellona sono state accreditate 327 testate del mondo intero), hanno prodotto 66,59 milioni di euro. Fonti della conferenza episcopale spagnola stimano che siano state oltre 150 milioni le persone che, in tutto il mondo, hanno seguito il viaggio grazie al piccolo schermo».
Il “buongoverno” di Benedetto XVI non si limita a raccogliere le folle, dovunque si rechi, ripetendo in questo i successi del suo predecessore, l’indimenticato Giovanni Paolo II.
Il Papa tedesco sta anche facendo pulizia nella Chiesa. Passata la bufera mediatica degli scandali sessuali, il Papa ha deciso di occuparsi dei Legionari di Cristo, la congregazione religiosa fondata da padre Gabriel Maciel, rivelatosi una figura decisamente immorale, coinvolto in scandali di natura sessuale.
Ebbene, nel libro intervista “La luce del mondo”, il Papa dice della doppia vita di Maciel che «in qualche modo era ben coperta» ma che si è rivelata essere «avventurosa, sprecata, stramba». Questa copertura, aggiunge il papa, fece sì che «purtroppo abbiamo affrontato la questione solo con molta lentezza e con grande ritardo». Nel 2006 Maciel fu messo fuori gioco. Nel 2008 morì. Nel 2009 la Santa Sede ordinò una visita apostolica. Nel 2010 il papa nominò un proprio delegato con pieni poteri per la rifondazione della congregazione. Il delegato papale, l’arcivescovo Velasio De Paolis, ha ricevuto la berretta cardinalizia sabato 20 novembre. E nel pomeriggio, ad ossequiarlo, è accorso in Vaticano lo stato maggiore dei Legionari, gli stessi che per anni avevano fatto blocco attorno a Maciel, con in testa Luís Garza Medina, vicario generale e titolare di altre cariche ancor più di peso sotto il profilo pratico. Bene. Da qualche giorno Garza non è più direttore territoriale per l’Italia e non è più prefetto generale degli studi. Lo ha comunicato una nota ufficiale pubblicata sul sito dei Legionari di Cristo. Il nuovo direttore territoriale per l’Italia è padre Óscar Náder Kuri, 52 anni, messicano, mentre il nuovo prefetto generale degli studi è padre José Enrique Oyarzún Tapia, 40 anni, cileno. Inoltre, il cardinale De Paolis ha portato da cinque a sette i membri del consiglio generale della congregazione. E nominerà lui i due nuovi consiglieri. Il ridimensionamento di Garza era nell’aria. Lui ha resistito fino all’ultimo ma la volontà del Pontefice ha prevalso. Il governo della Chiesa procede, così, tra le luci di Benedetto XVI e le ombre che, spesso, nascondono i risultati del suo pontificato. L’impressione è che siamo di fronte ad una svolta per il futuro della Chiesa cattolica.

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