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Una riforma del calcio contro l’effetto Real

Prima Cristiano Ronaldo. Poi è stata la volta di Kakà. Negli ultimi giorni l’acquisto del giovane fuoriclasse Benzema. Il  nuovo Real Madrid targato Florentino Perez non guarda in faccia a nessuno e in poche settimane spende più di 200 milioni di euro per risollevare le sorti dei galattici, dopo troppi anni di anonimato. Sognano tifosi e appassionati. Meno eccitati gli addetti ai lavori, preoccupati per gli effetti a catena che una tale strategia societaria potrebbe far scaturire. In tempi di magra, ostentare in questo modo ricchezza e ambizioni può sembrare di cattivo gusto. Per alcuni può rappresentare però anche l’antidoto a folate di grande depressione, dovute alla preoccupante crisi mondiale, che investono anche il dorato mondo del pallone. 
Sicuramente il calcio, lo ricorda la storia degli ultimi 20 anni, ha già pagato caro i suoi eccessi e le sue follie. L’assenza di scelte economiche ponderate ha portato, dopo gli iniziali fasti, a un ridimensionamento del giocattolo e ad un paradossale impoverimento di questo sport. Se non segui l’antica logica dell’investimento, se ti affidi ad assurde plusvalenze e se i buchi di bilancio diventano pericolosamente una routine, è inevitabile cadere giù.
Per questo l’Uefa sta studiando interventi tesi a razionalizzare le risorse dei club (tra cui il famoso tetto salariale). Ma francamente appare utopico poter interferire direttamente nei conti delle grandi società. E forse anche ingiusto. Dato che in condizioni di libero mercato dovrebbe comunque essere garantita libertà d’azione.
In realtà, è tutto il sistema calcio che necessita di una bella e profonda opera riformatrice. Se l’obiettivo è quello di risanare i bilanci e riportare equilibrio tra le squadre, occorrerebbe innanzitutto omologare o comunque avvicinare i regimi fiscali dei diversi paesi che prendono parte alle competizioni europee. Se la Spagna può ancora oggi beneficiare di importanti agevolazioni, questo danneggia sicuramente le dirette concorrenti e non aiuta a mettere ordine. L’ideale sarebbe creare un sistema fiscale –  e più in generale economico – caratterizzato da poche e ben definite regole, valido per le federazioni calcistiche dell’intero vecchio continente. Che non pone restrizioni, ma obbliga a rispettare dei precisi parametri. In modo da garantire trasparenza ed equità. Senza intaccare però l‘autonomia dei club.

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