Mancano solo pochi giorni all’inizio delle ostilità. La stagione 2009/2010 è ormai alle porte. E le vigilie, si sa, sono quasi sempre tutti uguali: si discute sul papabile vincitore e su quelle squadre o quei giocatori che potrebbero rivelarsi come grandi sorprese. Si parla meno, invece, dei “desaparecidos” dell’Italia pallonara. Quelle stelle eclissate e trascurate dalla stessa folla che in passato le aveva osannate.
Sono ancora lì, in campo, in panchina o in tribuna. Ma è come se non ci fossero. Controfigure di se stesse, semplici ombre di quel mito consumato troppo in fretta. Sono tanti, con storie simili o diverse. Accomunati da quella sensazione di smarrimento che dovrebbe tramutarsi in senso di rivalsa.
Uno su tutti: Ronaldinho. Straordinario in quel di Barcellona, spento invece in quel di Milano. Tante ombre e poche luci: il gol nel derby e qualche bella giocata. Poi il vuoto. Il Milan che ha venduto Kakà punta tutto su di lui. Ma il precampionato del brasiliano, nonostante l’incoraggiamento di Berlusconi, non è stato affatto confortante. Su di lui pesano le notti in discoteca e una sistemazione tattica ancora tutta da definire. E pensare che fra pochi giorni c’è di nuovo il derby: il tempo delle speranze e delle attese sembra davvero scaduto. Ronaldinho, col suo indiscutibile talento, è l’unico che può far resuscitare questo Diavolo. Il peso della responsabilità porterà a una nuova primavera?
Un altro celebre talento caduto nell’anonimato è David Trezeguet. Il forte centravanti franco argentino ha pagato carissimo le lunghe assenze causa infortunio e il difficile rapporto con Ranieri. Adesso fatica a tornare quello di prima: ovvero un uomo simbolo di una Juventus vincente. In panchina ora siede Ciro Ferrara, ma la concorrenza fa sempre paura (Vedi Amauri) e la freschezza atletica non è più quella di una volta. L’istinto del gol, però, è qualcosa che non si perde con l’età. Uno dei più forti attaccanti del mondo non merita di cadere così nel dimenticatoio.
E poi c’è un certo Hernan Crespo, altro pezzo da novanta dell’aria di rigore. Uno che in Serie A, da Parma in poi, ha segnato gol a raffica in tutte le maniere possibili. Prima di eclissarsi all’Inter nell’era Mourinho. Anche lui è a caccia di una seconda giovinezza: puntando molto sull’adrenalina che solo uno stadio suggestivo come quello di Genova è in grado di dare. L’argentino (34 primavere) è il più anziano dei tre. Ma parte in netto vantaggio: ha cambiato aria.
Quando tutto gira storto e la sorte sembra voltare definitivamente le spalle, serve cambiare squadra, compagni, allenatore e tifosi per riconquistare la fiducia in se stessi e tornare grandi.
Alberto Gilardino docet.