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Rivelazione di un classico: “Il deserto dei Tartari”

Sebbene non si presenti come un romanzo autobiografico, il deserto dei Tartari di Dino Buzzati descrive attraverso l’avventura disperata dell’ufficiale Giovanni Drogo, la soluzione della scrittura fantastica come via di fuga dalla routine redazionale. Dal libro è deducibile la presenza dello scrittore-giornalista, dell’artista-professionista. La necessità di scrivere un romanzo ambientato in una dimensione onirica, in cui il ritmo narrativo è dettato dalle azioni del protagonista,  sembra confermare la scelta stilistica capace di opporsi  alle  scelte tecniche e stilistiche a cui la scrittura redazionale deve inevitabilmente sottoporsi, affinché possa risultare efficace e quindi accessibile al lettore. Buzzati sembra prendere le distanze dal tecnicismo giornalistico poiché maschera l’aspetto creativo della scrittura e diviene nemico della dimensione artistica di ogni scrittore.
Giovanni Drogo in una mattina di settembre parte alla ricerca della fortezza Bastiani dove una volta raggiunta la meta, attenderà l’arrivo dei Tartari.  L’attesa sarà lunga, le notti di Drogo saranno insonni, guidate dalla noia e dalla solitudine,  rincorrendo ineluttabilmente la morte. Il deserto dei Tartari pubblicato nel 1940, si presenta apparentemente come un romanzo inseribile nel genere del fantastico lontano da qualsiasi riferimento storico. Tuttavia, da una lettura meno ingenua, a mio giudizio, è attribuibile a  Buzzati la latente lucidità di descrivere e  cogliere lo spirito degli intellettuali del proprio tempo, dell’Italia che vuole inseguire l’impeto di una società “civile” e civilizzata, muovendosi all’interno dello scenario mondiale come una macchina perfetta, in cui l’adesione si confonde  con l’irremovibilità della scelta. Dove, in altri termini, l’appartenenza non coincide con l’impegno intellettuale. Per questo motivo l’attualità di Buzzati è riscontrabile proprio nell’impossibilità di accordare le scelte, poichè l’aut-aut al quale quotidianamente siamo sottoposti, non è guidato necessariamente da una azione completamente libera, da una scelta autentica, perchè  l’autenticità può essere letale se non si riesce a sopportare il peso del sentirsi fuori luogo.
L’ufficiale Drogo, infatti,  verrà ucciso dal suo sogno: dall’attesa di poter finalmente sfidare il nemico; così la scelta della scrittura giornalistica sarà semplicemente una modalità della scrittura stessa incapace di aprirsi completamente alla creatività. Il giornalista dovrà rinuciare alla fuga dalla routine con l’aiuto dell’immaginazione,  schiacciato inevitabilmente dal rigoroso realismo.

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