Tra le previsioni più discusse del “pacchetto sicurezza” approvato dal Consiglio dei Ministri ve ne sono alcune riguardanti il fenomeno del meretricio: in particolare l’introduzione del reato di prostituzione o, almeno, l’introduzione del foglio di via per le prostitute.Non si vuole qui discutere l’esistenza del problema; ma si osserva come, una volta di più, si tenda a risolvere una questione di ordine pubblico introducendo nuove figure di reato, o allargando i casi in cui le norme penali trovano attuazione, senza preoccuparsi degli effetti sul funzionamento della giustizia, né della reale idoneità di esse a contenere i fenomeni che ci si propone di contrastare.Verosimilmente, se tali previsioni dovessero trovare applicazione, numerose prostitute verrebbero tratte a giudizio o in quanto tali, o – nella migliore delle ipotesi – perché responsabili di aver violato il foglio di via: ipotesi, questa, che si verificherebbe spesso, ossia in tutti i casi in cui le prostitute “cacciate” da un certo territorio vi dovessero fare ritorno per continuare a esercitarvi il meretricio. Si assisterebbe così a un ulteriore fattore di incremento del già pletorico contenzioso penale, con un notevole afflusso di processi per reati puniti con pene trascurabili, destinate per lo più a rimanere inapplicate, e dunque di scarsa o nulla deterrenza. Perciò, un’altra massa di fascicoli inonderebbe i tribunali e le procure e contribuirebbe ulteriormente al rallentamento della macchina della giustizia, al sacrificio di tempo e lavoro che altrimenti potrebbe essere dedicato a processi più importanti e a reati di maggiore gravità e –non ultimo- al dispendio di risorse economiche, senza riflessi positivi (se non, forse, “di facciata”) sul controllo del fenomeno. Non può non tornare alla mente quanto accaduto con i reati in tema di clandestinità: l’enorme massa di processi per tali reati riguarda casi in cui solo raramente vi sono conseguenze sanzionatorie o anche solo cautelari nei riguardi degli stranieri clandestini, e si risolve in una serie di cause penali il cui riflesso sul fenomeno è praticamente nullo: il clandestino, quando viene tratto in arresto, di regola viene subito rilasciato (per assenza di ragioni cautelari per inzeppare ulteriormente le carceri con soggetti solitamente incensurati); il successivo processo termina con una sanzione che di solito non viene mai eseguita, e l’imputato è già tornato alla condizione di irregolare; il giudice autorizza, è vero, l’espulsione; ma questa viene eseguita in una esigua percentuale di casi.Quindi, anche le misure in materia di prostituzione confermeranno, se adottate, il trend già sperimentato, affollando ancor di più aule e cancellerie e producendo un ulteriore, rilevante numero di processi e di decisioni destinate a rimanere sulla carta; il tutto, è facile prevedere, con risultati dubbi nella lotta al fenomeno, ma con la certezza di rendere la macchina della giustizia ancor più ingolfata.
* magistrato, vice segretario nazionale di Mi