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Quanti sono gli uomini del presidente?

L’argomento è divenuto di stretta, strettissima attualità. Dopo lo strappo (definitivo?) tra Fini e Berrlusconi delle ultime ore ci si chiede: qual è il reale peso politico dell’ex leader di An? Quanti sono i senatori e parlamentari disposti a seguirlo? A tale riguardo, ripubblichiamo l’articolo del nostro direttore Andrea Camaiora, risalente allo scorso nove gennaio 2010 e ripreso da il Clandestino, dal titolo: “Pdl: ecco i seguaci di Gianfranco Fini”. Così, tanto per fare un pò di chiarezza.
 
 
Erano sessanta, eran giovani e forti… ma ora non ci sono più. Erano sessanta i parlamentari – capeggiati dal vicecapogruppo Bocchino – che a metà settembre chiedevano un patto di consultazione permanente tra Berlusconi e Fini e stigmatizzavano gli editoriali di Feltri. Ora però, proprio mentre infuria lo scontro politico tra berlusconiani e finiani che aveva covato durante tutto il 2009, gli uomini del presidente della Camera – nell’ipotesi da più parti ventilata di una scissione PDL capeggiata da Fini – si ritroverebbero in pochi. L’ipotesi di una scissione, è bene chiarirlo, viene smentita da una finiana autorevole come Flavia Perina. Ma la politica italiana non risponde più a categorie tradizionali da molto tempo: le correnti si chiamano fondazioni, gli scontri sono condotti da giornalisti anziché da politici. Insomma, può capitare di tutto. E nelle chiacchiere furtive con deputati e senatori ex An sono emersi numeri e nomi curiosi. Intanto i finiani riuscirebbero forse a costituire un gruppo a Montecitorio ma sarebbero nell’impossibilità di ripetere l’operazione a palazzo Madama. Sono infatti poco meno di venti i finiani alla Camera: oltre a Flavia Perina, ci sono i fedelissimi Fabio Granata, Carmelo Briguglio, Donato Lamorte e ovviamente Italo Bocchino. Poi Adolfo Urso, Giulia Cosenza, Marco Martinelli e Gennaro Malgieri. E poi il ministro Ronchi. Più incerta la scelta di Benedetto Della Vedova,Tommaso Foti e Silvano Moffa. Comunque, i capitani coraggiosi che abbandonerebbero la corazzata PDL per il nuovo vascello sarebbero diciotto. Al Senato le cose andrebbero anche peggio. Forse perché lì l’influenza del capogruppo ex An – ma berlusconiano di ferro – Maurizio Gasparri, si fa più forte, forse perché al Senato manca un finiano tosto come Bocchino, ma con l’ex leader di An se ne andrebbero appena quattro uomini, tra cui Andrea Augello e Maria Ida Germontani. Un numero troppo esiguo rispetto alla cifra prevista per un gruppo autonomo a palazzo Madama: dieci. La spiegazione è semplice per entrambi i rami del Parlamento. Fini gode di maggiore consenso all’interno dei due gruppi parlamentari. Alcune questioni da lui sollevate toccano la sensibilità di certi deputati e senatori. Ma un conto è simpatizzare con Gianfranco, un’altra lasciare Silvio. Il passaggio all’ipotetica neo formazione finiana sarebbe un vero e proprio salto nel buio. E sono in molti parlamentari ex An a ritenere l’eventualità di una scissione finiana di corto respiro. “Faremmo la fine – bisbiglia un deputato con il cuore molto a destra – di Rutelli”. Forse ha ragione Perina. Anziché pensare alle scissioni è meglio pensare a restare dentro il PDL.

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