Politica

“Prioritario riformare la giustizia”

Pubblichiamo l’intervento del magistrato Cosimo Maria Ferri, esponente di punta di Magistratura indipendente, che appare questo mese sul mensile “Formiche” nell’ambito di un dossier sulla giustizia in Italia.
 
Da troppi anni si sente parlare di riforma della giustizia.
Si sono succeduti governi di centro destra, di centro  sinistra, ma la situazione non è migliorata e la macchina della giustizia sta girando a vuoto, creando frustrazioni ai cittadini e a tutti gli operatori del diritto. L’eccesiva durata dei processi, le numerose condanne inflitte all’Italia per i ritardi nelle decisioni,  il grande  numero delle pronunce di  prescrizione  (dopo anni di dibattimento e un enorme spreco di risorse), l’impossibilità per i pm di trattare tutte le notizie di reato ed il consequenziale  e “obbligato” accantonamento in sede di indagini di migliaia di procedimenti, la mancanza di risorse finanziarie, di personale amministrativo e di magistrati, le ricadute negative dell’indulto e delle riforme a costo zero approvate in questi anni (prima fra tutte quelle del giudice unico, che fa rimpiangere la figura del pretore), sono tutti aspetti negativi che richiedono interventi urgenti.
Partiamo da dati ed elementi sostanziali. Anzitutto la scopertura degli uffici, un’emergenza  assoluta: mancano oggi più di 1000 magistrati su un organico di 9000. Dato già di per sé allarmante ma che preoccupa ancora di più se si pensa che l’ultima finanziaria ha previsto il blocco delle assunzioni fino al 2013 e che attualmente mancano le risorse economiche necessarie all’assunzione dei vincitori dell’ultimo concorso. A ciò si aggiunga che i vincitori del penultimo concorso sono stati assunti finanziando la spesa con un aumento di 3€  del contributo unificato.
In secondo luogo va affrontata l’annosa questione dei carichi di lavoro esigibili dai magistrati. Magistratura Indipendente ha sempre considerato pretestuosa e profondamente ingiusta la vulgata secondo la quale i magistrati italiani sarebbero “fannulloni” o, comunque, i più pigri in Europa. E’ vero invece l’esatto contrario : che  essi lavorino senza riconoscimenti di straordinario e che passano spesso le domeniche a casa a scrivere le sentenze o a garantire turni di reperibilità (24 su 24 ore) senza avere diritto a giornate di recupero. Pertanto anziché perdersi in contrapposizioni assai spesso pretestuose con l’esecutivo, l’associazione magistrati dovrebbe lavorare per migliorare e tutelare le condizioni di lavoro dei colleghi  e in relazione a ciò ritengo che l’Anm, anziché cercare argomenti che prestino il fianco a critiche dovrebbe evidenziare i dati ufficiali che dimostrano l’elevata produttività e gli enormi carichi di lavoro dei magistrati italiani, per indicare soluzioni mirate a ridurre il flusso degli affari civili e penali. Magistratura Indipendente ha proposto da tempo la fissazione – secondo criteri oggettivi e parametrati su uffici e funzioni omogenei – di carichi di lavoro massimi esigibili ai magistrati. Vogliamo insomma che il Csm dica espressamente qual è il carico di lavoro massimo che può essere richiesto ad un magistrato. Ciò evidentemente responsabilizzerebbe anche le altre istituzioni, in primo luogo Parlamento e Governo, in ordine all’assunzione di misure idonee alla questione dello smaltimento degli arretrati, in incremento in tutti i gradi di giudizio.
Da più parti si invoca  un radicale cambiamento che richiede però un lavoro comune e condiviso  tra politica, magistratura e avvocatura. Ci vuole più collaborazione tra Csm e Ministero della Giustizia. A tal proposito – nella veste di ex presidente della settima commissione del Csm, deputata ad occuparsi proprio di organizzazione degli uffici giudiziari – ricordo come all’attenzione di questi organi vi sia un protocollo d’intesa che, una volta approvato, dovrebbe semplificare il lavoro di tutti e rendere più incisiva l’azione comune per un servizio di giustizia più efficiente. Deve essere data risposta responsabile alla questione della revisione delle circoscrizioni giudiziarie, la cui risoluzione comporterebbe il recupero immediato di risorse importanti. Così come ritengo utile che parta il “tavolo tecnico”, richiesto peraltro dal Ministro della Giustizia, al fine di istituire un lavoro concertato, fra quest’ultimo ed il CSM, nel rivedere le piante organiche, questione connessa ai carichi di lavoro e quindi all’organizzazione generale. Bisogna proseguire su questa strada: troppo spesso i nostri dirigenti si sentono abbandonati dal Ministero, dal  Csm e anche dall’Anm.
Per risolvere i problemi della giustizia occorre però anche un cambio di approccio sia da parte della politica che da parte dell’Anm.
La politica ha le sue colpe: in un modo o nell’altro si tende a strumentalizzare la magistratura, ma l’Anm non deve prestarsi ad un gioco che dovrebbe esserle estraneo. Non si può avvalorare la percezione che l’Anm sia un pezzo dell’opposizione, la stragrande maggioranza dei magistrati non lo vuole a prescindere dai propri orientamenti personali. Occorre invece un confronto su basi costruttive.
Si pensi alla necessità di una ragionevole durata dei processi, il problema è come ottenerla: deve essere infatti coniugata con l’efficienza del processo e con la qualità della decisione. La magistratura deve saper cogliere questa sfida e lavorare per un sistema più efficiente, per arrivare a dare ai cittadini tempi certi ed un sistema con garanzie effettive e non dilatorie.
I giudici italiani lavorano tanto e smaltiscono una gran mole di lavoro in carenza di organico. Inoltre, come riporta il rapporto Cepej, in Italia le sopravvenienze civili annue contenziose di primo grado per ogni giudice ammontano a 438,06, contro le 224,15 della Francia e le 54,86 della Germania. Nel campo penale i valori assoluti si assottigliano ma la sostanza non cambia. Se poi si passa a esaminare i procedimenti penali e civili di primo grado, definiti per ogni giudice, emerge con evidenza lo sforzo della magistratura per portare a termine i processi. Nel civile il dato è di 411,33 per l’Italia, di 215,67 per la Francia e di 78,86 per la Germania. Nel penale 181,09 per l’Italia, 87,06 per la Francia, 42,91 per la Germania.
È sempre più evidente come l’Anm – guidata dall’asse tra le correnti di Magistratura democratica e Unità per la Costituzione – non abbia saputo cogliere in questi anni le esigenze della base. Quali risultati possono vantare i dirigenti dell’Anm, in testa il presidente Palamara e il segretario Cascini? L’associazione magistrati si è di fatto appiattita sul Csm, che ha compiti differenti. Molti colleghi, non comprendendo distinzioni, si sono progressivamente disaffezionati. È giusto ricordare come le assemblee convocate per conoscere i candidati alle elezioni per il rinnovo del Csm siano andate in molti casi pressoché deserte, con la sola presenza dei candidati delle varie correnti che parlavano tra di loro. Si può andare avanti così? Anziché percepire un’Anm propositiva, un sempre maggior numero di italiani (e di magistrati) ha visto l’Anm sostituirsi alle forze politiche di opposizione al governo di turno. Non è nata per questo l’Anm. Anzi, occorre ricordare all’attuale dirigenza dell’associazione che la prima iniziativa associativa dei magistrati, il celebre “proclama di Trani”, chiedeva e non respingeva le riforme rivolgendosi all’esecutivo dell’epoca, il governo Zanardelli, per cambiare l’ordinamento giudiziario.  
Centro destra e centro sinistra assicurano massimo impegno per migliorare il sistema ma per farlo dovrebbero abrogare norme volute in forma bipartisan. Mi riferisco a due disposizioni che hanno creato non pochi problemi organizzativi agli uffici giudiziari: la prima relativa al divieto per i magistrati di prima nomina di svolgere funzioni requirenti (è di questi giorni peraltro l’ennesimo allarme del Procuratore del Tribunale di Enna che fino ad aprile rimarrà con l’organico completamente scoperto) e la seconda, sempre rivolta ai neo magistrati, relativa al divieto di svolgere inizialmente funzioni di giudice per le indagini preliminari (GIP E GUP) e di giudice monocratico penale, funzioni quest’ultime che invece possono essere, per determinate materie, svolte dai magistrati onorari. E’ paradossale quindi vietare ad un magistrato togato (in carriera) funzioni che possono essere svolte da un magistrato onorario.
Questi divieti, peraltro, non hanno più ragion d’essere anche in considerazione del fatto che oggi il concorso in magistratura è diventato di secondo grado e quindi i vincitori, generalmente, hanno già svolto altre esperienze professionali.
Dall’Anm i colleghi si aspettano proposte per rispondere – a fronte delle ulteriori ristrettezze imposte dall’ultima legge finanziaria – ai problemi che si avvertono sempre più di frequente nelle procure e nei tribunali.
 
Cosimo Maria Ferri
Magistrato, già componente del Consiglio Superiore della Magistratura
 

 
 

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