Cari neo-papà d’Italia,presto sarete obbligati anche voi a una breve maternità. Non è uno scherzo o una degenerazione delle pari opportunità, ma un provvedimento bipartisan che obbliga i neo-papà a quattro giorni di riposo obbligatorio (retribuiti al 100%) nel periodo immediatamente successivo al parto (non il loro). L’esigenza nasce per allineare la normativa italiana a quella europea, dove il congedo per paternità non è più una possibilità, come già oggi consentito dalla legge sul congedo parentale, ma un obbligo, come quello che impone alla mamma di non lavorare per i cinque mesi a cavallo del parto.
Le autrici del provvedimento sono Alessia Mosca del Pd, accompagnata dalla firma di 25 deputati, e Barbara Saltamartini del Pdl, sottoscritta da 36 colleghi. «L’Europa ci impone di portare a 65 anni l’età pensionabile per le donne – spiega la Mosca del Pd – ma è opportuno riequilibrare anche un altro pezzo della vita, e cioè la cura dei figli che non può essere a carico solo delle mamme». Quei quattro giorni, dunque, avrebbero un valore simbolico. E sarebbero il primo passo di un lunghissimo percorso. «Il vero obiettivo – spiega Saltamartini del Pdl – è passare dalle pari opportunità alle pari responsabilità. E quindi pensare non alla tutela delle donne, ma ad un sistema che consenta alla famiglia di organizzarsi».In Europa, la più virtuosa, come tradizione, è la Svezia. Alla nascita di un figlio il Paese scandinavo garantisce al padre 30 giorni di congedo retribuito obbligatorio che può essere diviso in quattro periodi nell’arco di un anno. Anche la Francia è ben collaudata, garantendo 11 giorni obbligatori di paternità.
Più che un incentivo a una rieducazione etica per i diritti dei genitori, il provvedimento veste gli abiti di un’imposizione utile che salta i convenevoli dell’adattamento graduale (mai raggiunto) e chiede alla classe dirigente una sensibilizzazione immediata su una tematica che investe gran parte dei lavoratori italiani, spesso preclusa a causa di ruoli lavorativi che non prevedono rapporti di collaborazione, ma solo rudimentali approcci di tipo burocratico dal motto:”tanto lavoro, tanto guadagno”.
E allora, ben vengano i papà in maternità.
Le autrici del provvedimento sono Alessia Mosca del Pd, accompagnata dalla firma di 25 deputati, e Barbara Saltamartini del Pdl, sottoscritta da 36 colleghi. «L’Europa ci impone di portare a 65 anni l’età pensionabile per le donne – spiega la Mosca del Pd – ma è opportuno riequilibrare anche un altro pezzo della vita, e cioè la cura dei figli che non può essere a carico solo delle mamme». Quei quattro giorni, dunque, avrebbero un valore simbolico. E sarebbero il primo passo di un lunghissimo percorso. «Il vero obiettivo – spiega Saltamartini del Pdl – è passare dalle pari opportunità alle pari responsabilità. E quindi pensare non alla tutela delle donne, ma ad un sistema che consenta alla famiglia di organizzarsi».In Europa, la più virtuosa, come tradizione, è la Svezia. Alla nascita di un figlio il Paese scandinavo garantisce al padre 30 giorni di congedo retribuito obbligatorio che può essere diviso in quattro periodi nell’arco di un anno. Anche la Francia è ben collaudata, garantendo 11 giorni obbligatori di paternità.
Più che un incentivo a una rieducazione etica per i diritti dei genitori, il provvedimento veste gli abiti di un’imposizione utile che salta i convenevoli dell’adattamento graduale (mai raggiunto) e chiede alla classe dirigente una sensibilizzazione immediata su una tematica che investe gran parte dei lavoratori italiani, spesso preclusa a causa di ruoli lavorativi che non prevedono rapporti di collaborazione, ma solo rudimentali approcci di tipo burocratico dal motto:”tanto lavoro, tanto guadagno”.
E allora, ben vengano i papà in maternità.