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Ore decisive per il Pdl

Ore febbrili. Forse non ci vorrà molto per scoprire cosa accadrà nel Popolo della Libertà. Se lo strappo, tra Berlusconi e Fini, è ricucibile oppure no. Se lo scontro, avvenuto ieri tra il premier e il presidente della Camera, porterà a conseguenze traumatiche per la maggioranza e il governo o solo a qualche grattacapo. Le voci si rincorrono. Tra ottimismo e preoccupazione. Ma fanno assai rumore le dichiarazioni del terzo incomodo di quest’ultima telenovela politica. Ovvero Umberto Bossi, che all’Ansa ha dichiarato: “Se le cose non si rimettono a posto ci sono le elezioni”. Aggiungendo: “Non ho certezze ma temo che la cosa non si rimetterà a posto”.
Stando a quello che riporta il Giornale, Silvio Berlusconi  avrebbe aperto l’ufficio di presidenza con tre punti: “Il governo non è guidato dalla Lega”, “Nell’esecutivo c’è collegialità, non comanda Tremonti” e infine “Ho provato a conciliare, ma Fini vuole i suoi gruppi parlamentari”.
Intanto l’ultima nota di Fini assomiglia a un’apertura: “La convocazione per giovedì 22 della direzione nazionale del Pdl allargata ai gruppi parlamentari è, sul piano del metodo, una prima risposta positiva ai problemi politici che ho posto ieri al presidente Berlusconi. Mi auguro – prosegue Fini – che a partire dalla riunione, cui parteciperò, possa articolarsi una risposta positiva anche nel merito delle questioni sul tappeto, a cominciare dal rapporto tra il Pdl e la Lega”.
Da una parte il fedelissimo Granata che rincara la dose: “Siamo a quota 50. Abbiamo la certezza che sono circa 45-50 i deputati che condividono la linea del presidente”.
Dall’altra l’ex aennino Ignazio La Russa che getta acqua sul fuoco, prima di partecipare al vertice di Palazzo Grazioli: “Non succede nulla, è tutto tranquillo”.

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