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“La vittoria della libertà”

In occasione del ventennale della caduta del Muro di Berlino, proponiamo ai lettori di Ragionpolitica.it un articolo del novembre 2005 di Gianni Baget Bozzo, dedicato al crollo del comunismo sovietico.
Quando celebriamo la caduta del Muro di Berlino celebriamo la più grande vittoria della libertà e la fine della possibilità dell’olocausto nucleare nel mondo. Se il sistema sovietico non fosse caduto, i rischi della mutua assicurata distruzione sarebbero aumentati con il tempo.
Ciò che è nato dalla fine del comunismo non è certamente un mondo perfetto. La traccia del comunismo è rimasta in tutti i paesi che l’hanno conosciuto e soprattutto in Russia, dove esso aveva distrutto le basi di una società civile autonoma e quindi le regole che garantissero il funzionamento della società in base al consenso della quotidianità e non per esercizio del potere e della burocrazia. Il popolo russo ha sofferto il comunismo pagandolo con milioni di morti. Ma ha dovuto sopportare anche il caos economico e sociale che è nato da «settant’anni di marcia verso il nulla», come recitava in quei giorni un manifesto a Leningrado. I comunisti divennero capitalisti, si appropriarono delle istituzioni economiche che gestivano le incalcolabili risorse della terra russa, mentre la sicurezza della vita cittadina cadeva molto in basso. Dobbiamo a Boris Eltsin la cancellazione in Russia del partito sovietico, ma ciò fu pagato con l’incertezza sui criteri che governavano la vita comune. Un sistema regolato dalla pianificazione e dall’integrazione per via burocratica, si disfaceva in pezzi autonomi, ciascuno alla ricerca del proprio spazio e della propria direzione.
Quello che resse la Russia allora fu il suo sentimento di popolo imperiale più che di nazione, di una vocazione russa a esistere, a essere Russia. Riapparvero i segni della storia pre-comunista e il segno più appariscente fu la ricomparsa della Chiesa ortodossa, l’unico vincolo che in qualche modo era rimasto con la Russia pre-comunista.
Si può guardare al passato e fare il bilancio della storia del comunismo russo: un tentativo unico di cambiare a un tempo la natura e la storia umana con regole partorite dalla sola ragione astratta. L’Unione Sovietica fu la perfetta realizzazione del razionalismo moderno, del suo progetto di costruire un mondo dedotto dalla razionalità della mente, che pensava di organizzare la società perfetta, in cui la dimensione personale dell’uomo coincideva con la sua integrazione sociale, in cui la società era tutto e la persona niente. Tuttavia, la scelta del pensiero occidentale fu quella di dimenticare invece che considerare l’immensa violenza perpetrata dall’uomo sull’uomo in nome di una giustizia interamente dedotta dal razionale e non indotta dal reale, come se l’uomo fosse solo pensiero astratto.
Gianni Baget Bozzo 

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