
Sicuramente si tratta di un compromesso che non può non far riflettere. Proprio perché ad architettarlo è colui che solo qualche anno fa era diventato il riscatto vivente della destra europea. L’uomo che avrebbe sdoganato di fatto una cultura politica considerata di serie B – dalla notte dei tempi – nell’intero Vecchio Continente. Proprio lui che aveva avuto il coraggio di criticare, anche duramente, il sessantotto e i suoi effetti sulla società contemporanea. Fu in grado di aprire un dibattito che in parte coinvolse anche i moderati dello Stivale. Adesso, è innegabile, è stato fatto un notevole passo indietro.
L’Italia, si sa, ha un’altra storia, con uno scenario politico assai differente. E da noi di un eventuale compromesso non se ne parla nemmeno. L’accanimento mediatico nei confronti di Berlusconi è stato reso possibile anche dall’abissale distanza che separa l’attuale classe dirigente italiana dall’apparato mediatico e culturale predominante. Ma il cavaliere non sembra affatto disposto a cedere a quegli avversari che, oggi più che mai, dimostrano di essere addirittura più agguerriti e pungenti di quella che dovrebbe essere la vera e propria opposizione.
Dato che la storia si scrive soprattutto con il coraggio, non è certo seguendo le orme del collega transalpino che il nostro premier riuscirà a riscattare definitivamente il centrodestra nostrano, i suoi rappresentanti ed i suoi elettori.
In fin dei conti non è una novità: da sempre il Paese ha convissuto con un forte ed influente movimento culturale che non è riuscito mai ad essere maggioranza numerica e politica. Ma se è sbagliato, come succede ai cugini, cadere nella trappola dei compromessi, è altrettanto pericoloso continuare a vivere con quel complesso di inferiorità che caratterizza da sempre tutta la cultura che si definisce estranea alla sinistra. Il vittimismo, poi, non aiuta se si vuole almeno provare a ribaltare le cose.
La soluzione? Non è inaugurando rassegne, mostre o festival che si dà un decisivo scossone al sistema. O almeno non basta. Coloro che gestiscono il potere devono semplicemente cominciare a prendere seriamente in considerazione le risorse che provengono dalle nuove generazioni. E nel caso della politica: dai tanto osannati – ma anche un po’ snobbati – movimenti giovanili.
In fondo la cultura è molto più di un libro, un quadro o un film. Secondo la sociologia è un insieme di credenze e valori condivisi da un gruppo sociale in un determinato momento.
Il cambiamento – sembrerà retorica – può solo partire dal basso. Anche anagraficamente parlando.