La Chiesa, negli ultimi mesi, è stata in più occasioni tirata per la giacca. Gli stessi che una volta protestavano per le presunte ingerenze del clero nella vita pubblica del Paese, oggi auspicano, in modo più o meno palese, l’interevento dei vertici cattolici. Soprattutto in merito a due questioni: le nuove norme sulla sicurezza e i pettegolezzi sulla vita privata del premier.
In realtà la Chiesa i suoi pareri li ha già espressi. Con delicatezza, però. Rispettando il suo ruolo e senza entrare in un gioco politico che non le appartiene. Chi sperava nell’aiuto dei Vescovi per poter distruggere il Cavaliere e la sua presunta amoralità è rimasto profondamente deluso.
Le gerarchie cattoliche rischiavano di essere strumentalizzate per meri fini politici ed elettorali. Ciò, fino ad oggi, non è avvenuto. Non solo grazie all’autorevolezza e al senso di responsabilità del mondo ecclesiastico italiano.
La politica è cambiata. E per fortuna non solo in peggio. La caduta dei grandi partiti a forte connotazione religiosa ha lasciato spazio a nuovi soggetti in grado di amalgamare differenti culture ideologiche, tra cui anche quella appartenente all’area cattolica. Interessi, ritenuti di parte, sono stati sacrificati a vantaggio di obbiettivi che accomunano masse eterogenee di elettorato. Ciò ha in parte riscritto il rapporto tra Stato e fede, favorendo innanzitutto il superamento di un vecchio e glorioso duopolio, costituito dal Pci e dalla Dc. Entrambi dominavano la scena, divisi dall’imponenza del Muro e da reciproci pregiudizi.
Oggi il bipolarismo esiste e scoppia pure di salute. Ma la religione non c’entra. La Chiesa resta fuori, osserva ed esprime i suoi commenti e i suoi giudizi come spetta a tutti i principali agenti culturali della società. La sporca guerra della politica, però, si combatte altrove. E gli stessi cattolici, come giusto che sia, prendono posizione non più in base a schieramenti preconfezionati ma in merito alle varie tematiche offerte dall’attualità.
Si tratta di un’evoluzione che esalta la libertà dell’elettore e disorienta gli ultimi intellettuali devoti al progressismo radical chic. Gli stessi che hanno affidato le residue speranze su chi una volta era considerato soltanto un nemico da abbattere.