Archivio Attualità

Fermezza nel presente e fiducia nel futuro

L’immagine dell’estintore è stata tratta da una conferenza stampa del 17 dicembre 1940, con la quale il Presidente Roosevelt persuade che è nell’interesse degli Stati Uniti d’America aiutare finanziariamente l’Inghilterra. La logica era quella dell’aiuto non a fondo perduto, ma del prestito, e l’opinione pubblica americana, che non avrebbe accettato la logica del fondo perduto, ha accettato quella del «lend and lease».
Le caratteristiche essenziali del meccanismo deciso il 25 marzo sono tre: l’intervento deve essere richiesto dal Paese che si trova a fronteggiare un insufficiente finanziamento dal mercato; il Paese deve avere un programma credibile di risanamento e sviluppo, verificato dalla Commissione europea, dalla Banca centrale europea e dal Fondo monetario internazionale (Fondo che può partecipare in posizione minoritaria rispetto al finanziamento europeo); i Paesi europei intervengono con prestiti bilaterali, ma in una logica simmetrica e in una meccanica multilaterale, sulla base oggettiva della loro quota nel capitale della Banca centrale europea.
L’11 aprile, i Ministri delle finanze dell’area euro si sono riuniti in teleconferenza per rendere operativa la decisione dei Capi di Stato e di Governo del 25 marzo e per esplicitare la loro determinazione a sostenere la Grecia, indicando in dettaglio la struttura ipotizzata per il prestito (due voci: un tasso base, più uno spread di 300/400 punti base a seconda della scadenza e una commissione una tantum per i costi operativi pari a circa 50 punti base).
Ancora una volta i mercati hanno reagito bene sul momento, ma poi sono riapparse turbolenza e volatilità, soprattutto a seguito di alcune incertezze politiche. In specie la reazione dei mercati è stata più forte che nelle occasioni precedenti. Nel periodo che va dal 12 aprile al 2 maggio, lo spread della Grecia ha toccato livelli eccezionali e allo stesso modo, seppure su scala con dinamica inferiore, si sono mossi gli spread di altri Paesi. Il 23 aprile la Grecia ha chiesto ufficialmente il sostegno europeo e del Fondo monetario internazionale e si è così avviata la procedura per la definizione del programma greco di risanamento e sviluppo. Mentre erano in corso i negoziati sul programma, i mercati hanno continuato a registrare fortissima turbolenza e volatilità a causa dei timori di contagio, amplificati da alcune decisioni sul rating.
Sulla base dell’accordo sul programma di risanamento e sviluppo, il 2 maggio i Ministri delle finanze dell’area euro hanno deciso di attivare il programmato meccanismo di sostegno alla Grecia. L’elemento di base e presupposto dello strumento di finanziamento è il programma greco di risanamento e sviluppo. Il Fondo monetario, la Commissione europea e la Banca centrale europea hanno accertato e dichiarato che il programma greco è adeguato e credibile. Su questa base, insieme con gli altri Paesi dell’area euro, l’Italia concorda. La Grecia si trova ad affrontare quelle che il Fondo monetario ha correttamente definito come due sfide: risanare le finanze pubbliche e rendere competitiva la sua economia. Il Governo greco ha finora dimostrato eccezionale determinazione e grande capacità di leadership, annunciando pubblicamente ed impegnandosi ad adottare le misure che la Commissione europea, la Banca centrale europea e il Fondo monetario internazionale considerano adeguate per affrontare entrambe le sfide. Dal lato del bilancio pubblico, in aggiunta a quanto già deciso ad inizio anno, sono previste misure correttive addizionali, sul lato della spesa e delle entrate, in misura pari a 11 punti di PIL in tre anni, al fine di riportare il rapporto deficit/PIL sotto il 3 per cento nel 2014. Dal lato economico strutturale, sono previste misure volte a modernizzare e rendere competitivo il sistema economico greco, con riferimento a stabilità del settore finanziario, mercato del lavoro, imprese statali e lotta alla corruzione. È su questa base che è stato attivato l’intervento finanziario, sostanzialmente mirato a mettere la Grecia temporaneamente fuori dal mercato finanziario e dai suoi rischi, non dovendo il funding della Grecia più essere fatto sul mercato, ma appunto attraverso un nuovo strumento predisposto ad hoc. L’ammontare di tale strumento è di 110 miliardi di euro in tre anni, di cui 80 miliardi messi a disposizione dai Paesi dell’area euro e 30 dal Fondo monetario internazionale. Gli 80 miliardi di pertinenza dei Paesi dell’area euro sono costituiti da prestiti bilaterali. Trenta miliardi sono per il primo anno e la prima erogazione è prevista prima del 19 maggio, data nella quale la Grecia deve fronteggiare importanti scadenze sul proprio debito. Il Fondo monetario interviene a sua volta, in misura eccezionale, pari a 32 volte la quota greca nel Fondo, con una procedura di approvazione estremamente accelerata (al momento è prevista per il 9 maggio). La nostra quota nel pacchetto di sostegno è il 18,4 per cento del totale europeo, corrispondente alla nostra quota di partecipazione al capitale della Banca centrale europea, pari inizialmente a circa 5,5 miliardi.
Il decreto-legge, che sarà approvato domani dal Consiglio dei ministri, ci consente di intervenire in modo flessibile, con emissioni a medio-lungo termine ed anticipazioni di tesoreria. Trattandosi di un prestito, l’intervento non avrà effetti sul deficit ma sul debito, di cui però si terrà conto nettizzandolo nel quadro del Patto di stabilità. Si avrà un differenziale positivo per l’Italia, tra il tasso applicato alla Grecia e il nostro costo della raccolta. Questo differenziale è previsto per rendere compatibile lo strumento con ipotesi di interpretazioni «costituzionali» europee contrarie ai salvataggi operati dai Paesi europei contrari ai bail out. I rimborsi in quota capitale da parte della Grecia sono destinati al fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato, mentre gli interessi all’entrata dello Stato. Per capire e per concludere, fino ad ora per descrivere l’evoluzione della crisi ho usato l’immagine del videogame: arriva un mostro, lo affronti e mentre ti rilassi ne arriva un altro, ancora più grande.
Userò qui un’altra immagine: al termine del suo libro sulla Seconda guerra mondiale, Churchill si chiede se quella sui cui scrive è stata davvero la Seconda guerra mondiale o, invece, il sequitur di un’unica guerra, solo intervallata da un lungo armistizio. Questa non è una seconda crisi che è arrivata. È solo la stessa crisi che è continuata e si è trasformata, passando dai debiti privati ai debiti pubblici e, così, scalandosi su scala globale. Per capire specificamente cosa è successo e sta succedendo in Europa, basta guardare alla carta geopolitica e geoeconomica dell’Europa. In Europa sono rimasti i vecchi confini politici, ma, unificando lo spazio monetario, sono stati rimossi tutti i confini economici. È così che non ci sono più confini tra il bilancio di una banca residente e incorporata in uno Stato e il bilancio della banca controparte residente in un altro Stato. È così che non ci sono più confini, ma travasi tra debiti, deficit e default delle banche e degli Stati.
L’esposizione della core Europe verso la Grecia è relativamente limitata. Ma l’esposizione della core Europe verso i Paesi che a stella la circondano è, contando i connessi derivati, enormemente superiore. Le colpe passate e i doveri attuali non sono certo uguali, da banca a banca e da Stato a Stato. In particolare, i doveri degli Stati in crisi sono e devono restare assoluti, ma ormai la responsabilità è di tutti. Rimossi ex ante i confini economici, non si possono più far valere ex post i confini politici. Nessuno è immune dai rischi perché passeggero con biglietto di prima classe. L’estensione della crisi è sistemica e la soluzione può essere solo comune e politica. La sovrastruttura politica deve allinearsi alla struttura economica e la semplice somma algebrica – totale o parziale – dei Governi nazionali più o meno forti non può fare da sola quel nuovo tipo di politica che il tempo presente richiede. Il tempo è strategico e dobbiamo guardare non solo a domani o al prossimo mese, ma al prossimo decennio, per assorbire la crisi e per organizzare il futuro. Il nostro futuro non è infatti un destino, ma una scelta. Su questo è splendido l’intervento fatto oggi dal Presidente Delors, sui tempi e sugli strumenti per gestire la crisi. È stato scritto, su un giornale inglese, che la Grecia è un Paese in cui l’impensabile diventa inevitabile, senza attesa nel reame dell’improbabile. Crisi in greco vuol dire discontinuità, una discontinuità che può essere positiva, costitutiva e costruttiva dell’Europa. Ci si aspetta che domani il vertice possa dire che non basta dare una risposta a questa crisi e che dobbiamo saper andare più lontano, imparando la lezione e prendendo tutte le misure necessarie affinché una crisi di questo tipo non si ripeta. Sono queste le basi su cui dobbiamo e possiamo avere fermezza nel presente e fiducia nel futuro (intervento alla Camera dei deputati del ministro dell’Economia e delle Finanze).

Riguardo l'autore

vocealta