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Dilemma Amauri a Casa Italia

Scoppia il caso Amauri nel ritiro azzurro.
Non è la recente prestazione con gli olandesi e tenere banco e nemmeno la prossima amichevole con la Svezia a Cesena.
Sta invece nascendo una polemica, che sembra poter superare, in quanto a rumore, persino quella legata alla convocazione di Cassano.
A scatenarla ci pensa Giampaolo Pazzini. Il forte attacante della Samp, considerato tra quelli in bilico per la chiamata alle armi in Sudafrica, non accetta la concorrenza dell’ariete juventino: “Amauri in azzurro? La questione mi dà un po’ fastidio.  Un conto è essere metà e metà, un conto è non aver niente a che vedere con l’Italia”. E aggiunge: “In questo momento non mi sento in ballottaggio, perché io sono italiano e lui è brasiliano”.
Al diavolo la diplomazia. L’ex viola, quindi, oscura per un attimo la questione che riguarda il “gemello” Cassano e accende i riflettori sul possibile impiego del centravanti bianconero.
Ma non è certo il primo. Certi malumori, in casa Italia, erano già trapelati tempo fa da alcune dichiarazioni del collega Gilardino. Uno che tra l’altro sembra avere, rispetto a Pazzini, il posto più che assicurato: “Amauri? Tra di noi non ne abbiamo parlato, un giocatore non è la soluzione per i problemi di una squadra”.
Meno diretto, ma comunque efficace.
E la federazione che ne pensa?
La replica del presidente Abete è puntuale, ma non altrettanto netta: C’è una politica sportiva di carattere generale che tende a non allargare oltre misura la presenza di giocatori che non sono nati in Italia all’interno della squadra nazionale. Lo stesso Lippi  ha detto che era una situazione che risultava limitata a pochi giocatori. Bisogna però rendersi conto che il parametro di riferimento è la cittadinanza di un persona, quando un giocatore è cittadino italiano ha diritto alla convocazione. Non vogliamo determinare al tempo stesso la perdita di identità nazionale, né svolgere attività di discriminazione nei confronti di chiunque. La Nazionale è una delle selezioni in cui si comprende perfettamente l’identità di chi ci gioca rispetto ad altri esempi, molto più articolati. Pensiamo semplicemente alla Germania che ha vinto l’Europeo Under 21 con 9 giocatori che non erano nati in Germania”.
Le porte della Federcalcio sono quindi infinite. Alla fine toccherà ovviamente a Lippi prendere una decisione. In bilico tra le aperture della politica del pallone e le resistenze, evidenti, del gruppo.

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