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Dal tramonto all’alba

In attesa di poter analizzare, a fari spenti e a mente fredda, in modo più dettagliato i numeri di queste elezioni regionali, è impossibile non prendere atto di un risultato che comunque appare evidente e incontrovertibile: Silvio Berlusconi ha vinto.
Ha vinto perché ci ha messo la faccia ed è sceso in campo consapevole di giocarsi molto. In una fase politica, bloccata dai veleni della campagna elettorale, dagli scontri interni al Pdl e dalle polemiche sulle inchieste giudiziarie, serviva una segnale inequivocabile dalle urne. Per recuperare subito terreno e ridare slancio al governo.
I soliti gufi erano lì, davanti al televisore, pronti a scattare come pazzi dal divano e ad esultare a squarciagola per la fine di Silvio. Manco fosse un gol dell’Italia al Brasile in una finale mondiale. L’astensionismo, pensavano, avrebbe sotterrato il presidente del Consiglio e la sua maggioranza.
Ci speravano, si illudevano. Ma hanno fatto, anche stavolta, cilecca. E non c’è stato nemmeno bisogno di aspettare le ore piccole. Per loro le brutte notizie sono venute col calare della sera. Con i “miracolosi” sorpassi di Roberto Cota e Renata Polverini. Delusi e quasi increduli, gli antiberlusconisti,  hanno spento l’enorme schermo piatto e sono andati a dormire.
A festeggiare ci ha pensato invece il centrodestra: i verdetti di Lazio e Piemonte hanno sorpreso persino i militanti più ottimisti e ora, inutile negarlo, fanno la differenza. Poi non si può dimenticare il trionfo, annunciato, in Campania e Calabria. E le straordinarie conferme del Veneto e della Lombardia.
Doveva essere, dando pure un’occhiata a quello che è successo fuori dai confini italici, la Caporetto del Cavaliere. Macché. Dal tramonto del berlusconismo si è passati in poche ore all’alba di un nuovo inizio. Il premier, che vuole a tutti i costi le riforme, è uscito rafforzato dal voto. E con lui la Lega. L’alleato che quelle riforme, in testa il Federalismo, vuole farle davvero.
Nasce quindi una nuova stagione della politica italiana. E come sempre nasce dal basso: dal volere degli elettori.

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