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2 marzo, il giorno nero del Pdl

«Meno male che il codice non prevede il reato di fesseria, altrimenti saremmo tutti condannati». Il Pdl romano continua a chiedere di potersi vedere stampato sulle schede elettorali ma la notizia giunta intorno alle ore 15, che fa decadere la candidatura di Renata Polverini e di tutte le liste ad essa collegate, piove come una tegola sulla testa del popolo tricolore già sconvolto per l’esclusione della lista Pdl. E Berlusconi, manco a dirlo, è incavolato nero. Nero, perché alcuni avrebbero tentato di incolpare lui – per gli interventi nella definizione del listino della Polverini – del disastro laziale. Nero, perché il premier è arcistufo del Pdl, che vede sempre più come fonte di problemi anziché come risorsa e supporto alla sua azione. Nero, perché nonostante le rassicurazioni di Polverini e Formigoni, la situazione sarebbe più difficile del previsto. In Lombardia, infatti, la situazione resta sospesa. I giudici della Corte d’Appello di Milano non hanno ancora risposto al ricorso del governatore uscente che ruota intorno ad un principio chiaro: «Quando l’atto può idoneamente raggiungere il proprio scopo, pur se afflitto da mere irregolarità, conserva la sua efficacia». In attesa che la magistratura si esprima, il coordinatore regionale del Pdl, Guido Podestà, si è ritirato nel suo ufficio di palazzo Isimbardi, afflitto. E dagli staff dei due coordinatori nazionali, Verdini e La Russa, filtra molto pessimismo, non tanto per Formigoni e tantomeno per Caldoro, quanto per le sorti di Polverini.
Che infatti corre ai ripari presentando il proprio ricorso cui è stato allegato, come integrazione, l’atto di ratifica del vice coordinatore regionale del Pdl, Alfredo Pallone, la cui firma mancante avrebbe causato l’esclusione del listino. L’istanza di riesame della decisione dell’ufficio centrale regionale della Corte di appello, come spiega il responsabile nazionale dell’ufficio elettorale del Pdl, Ignazio Abrignani, «dal momento del deposito la Corte ha 48 ore per decidere. Anche se per noi la firma di Pallone non è necessaria – riferisce Abrignani – consegneremo un suo atto di ratifica. La Corte di appello ci ha notificato la non ammissione del listino soltanto in tarda mattinata, precedentemente ci aveva richiesto altre integrazioni ma della firma mancante di Pallone non ci avevano parlato». Il responsabile Pdl ha definito comunque la questione «risolvibile». Sarà anche risolvibile, come assicura Abrignani, ma nei corridoi c’è il panico generale. Chi si dispera per i soldi buttati nella campagna elettorale, chi già prefigura una valanga di consiglieri regionali dell’Udc, qualora fosse confermata l’esclusione del Pdl. Intanto nei palazzi del centro destra ieri si sono susseguiti freneticamente gli incontri. E la gravità della situazione è stata confermata dal ricorso agli uomini di fiducia di Berlusconi: Abrigani, ma anche Ghedini, Fontana, Lupi e – elemento tutt’altro che secondario – Previti e Alfano. Ieri è stato il giorno nero del Pdl e nessuno ancora riesce a vedere l’uscita dal tunnel (da il Clandestino). 

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