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Cronache ungheresi 9/ Magiari e italiani, cronache di destini incrociati

Italia_Ungheria
Scritto da vocealta

Italia_UngheriaCi dimentichiamo di ogni cosa, noi italiani. In fondo, a cosa serve la Storia? Eppure c’è un fil rouge che lega italiani e ungheresi, ovvero popoli fratelli, in molti casi, nella buona e nella cattiva sorte.

Basterebbe ricordare santi italiani come Giovanni da Capestrano (patrono delle forze armate ungheresi) e Marco d’Aviano, che diedero il proprio contributo alla difesa dell’Ungheria contro il pericolo ottomano, oppure gli artisti italiani che lavorarono per l’Ungheria, e quelli ungheresi, come lo scrittore Sándor Márai o il pittore Giovanni Hajnal (recentemente scomparso) che hanno espresso il proprio talento in Italia. Già il primo re d’Ungheria, Santo Stefano, fu imparentato con il doge di Venezia, mentre nel Trecento fu la casa d’Angiò ad arrivare da Napoli sul trono d’Ungheria. Per buona parte dell’Ottocento, poi, il Lombardo-Veneto e l’Ungheria si trovarono uniti sotto lo scettro imperiale e regio degli Asburgo.

Durante la Guerra d’indipendenza del 1848-1849 la legione italiana combatté per la libertà dell’Ungheria, mentre ungheresi come István Türr e Lajos Tüköry diedero il proprio contributo all’unità d’Italia. Negli anni Trenta il nostro ministro degli Esteri, Galeazzo Ciano, sognava qualcosa di più dell’Albania per la politica estera del nostro Paese: un asse orizzontale con Jugoslavia, Ungheria, Polonia e Romania, capace di contenere l’espansionismo nazista, da un lato, e comunista, dall’altro. Un progetto naufragato certamente contro il precipitare della disputa per Danzica e per la forza di Berlino e Mosca, ma anche per la debolezza di Roma, Varsavia, Budapest.

Se Giorgio Perlasca è ricordato nella capitale ungherese tra quanti si prodigarono per la salvezza dei perseguitati durante la tempesta della Seconda Guerra Mondiale, nelle diverse città italiane sono numerose le vie e piazze dedicate alla memoria della rivoluzione ungherese del 1956. Ma anche all’epoca, come scrive Alessandro Frigerio nel suo recente volume per Lindau «Budapest 1956. La macchina del fango», non tutti volevano parlare il linguaggio della verità. L’amicizia tra Italia e Ungheria comunque, pur combattendosi nella Grande Guerra, si ricompose ben presto e perdurò nonostante la Cortina di Ferro che di nuovo le separava per un quarantennio. Oggi italiani e ungheresi possono e devono coltivare relazioni intense e amichevoli, foriere – perché no? – anche di una rifondazione dell’unità europea.

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