La crisi in Ucraina precipita. Vladimir Putin firma il documento che riconosce le Repubbliche popolari di Dontesk e Lugansk e invia le forze armate russe nella regione del Donbass.
La Russia riconosce, quindi, l’indipendenza delle repubbliche separatiste, lo annuncia il presidente Putin giustificado l’invio delle truppe in Ucraina come un azione necessaria al fine di «assicurare la pace». Per l’Onu si tratta di fatto di «un’invasione illegale dei territori di Kiev».
La firma del presidente russo, in diretta tv, segue un lungo discorso tra retorica e manipolazioni storiche: dalla rivoluzione del 1917 alla seconda guerra mondiale, «l’Ucraina è parte integrante della nostra storia, cultura e spazio spirituale non è solo un paese confinante», dichiara Putin, precisando che l’Ucraina non è mai stata una nazione indipendente e ora è solo «un fantoccio dell’Occidente».
«Un ingresso del Paese nella Nato è una minaccia per noi», precisa il presidente russo ribadendo la mancanza delle garanzie di sicurezza chieste all’Occidente. Così Putin affossa il trattato di Minsk. La situazione sarebbe degenerata in seguito alla denuncia di Mosca di sconfinamenti in territorio russo da parte di «sabotatori ucraini», oltre all’accusa della distruzione di un check point situato a Rostov.
Kiev respinge le accuse bollandole come “fake news”, intanto nella zona di confine i bombardamenti più intensi del solito sono costati la vita a due soldati, un miliziano e due civili uccisi tra i lati del fronte. Nel rapporto pubblicato questa mattina da Joint Forces Operation del ministero della Difesa ucraino si legge che la scorsa notte due soldati ucraini sono stati uccisi dai bombardamenti e altri 12 sono rimasti feriti. Il documento sottolinea che l’Ucraina ha registrato 84 violazioni del cessate il fuoco nelle ultime 24 ore da parte delle forze appoggiate dalla Russia, 64 delle quali con armi vietate dagli accordi di Minsk.
Il presidente ucraino, Volodimyr Zelensky replica «Non abbiamo paura della Russia», in un discorso alla nazione ribadisce che gli ucraini non cederanno nessuna parte del Paese. «Rimaniamo fiduciosi e calmi. Siamo pronti e in grado di difendere noi stessi e la nostra sovranità», scrive su Twitter il ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov. La decisione di Mosca di riconoscere l’indipendenza del Donbass, secondo Reznikov è un atto con il quale il «Cremlino ha riconosciuto la sua aggressione nei confronti dell’Ucraina».
La decisione finale di riconoscere le due Repubbliche popolari arriva nonostante lo spiraglio diplomatico per il possibile incontro tra Putin e il presidente Usa, Joe Biden. I ministri degli Esteri Sergej Lavrov e Antony Blinken lo avrebbero dovuto preparare durante il loro incontro a Ginevra previsto per giovedì. La portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, rende noto che il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov sarebbe ancora disposto a incontrare il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, anche dopo la decisione del presidente russo Vladimir Putin di inviare le truppe nelle due regioni separatiste ucraine. «Anche nei momenti più difficili noi diciamo: siamo pronti alle trattative», dichiara Zakharova in un video trasmesso su Youtube.
La situazione ha spinto l’Onu a convocare una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza. «Le prossime ore e i prossimi giorni saranno critici. Il rischio di un grande conflitto è reale e deve essere prevenuto a tutti i costi», afferma il sottosegretario agli Affari politici delle Nazioni Unite, Rosemary Dicarlo.
La Francia dichiara che continuerà «a fare pressione per una soluzione diplomatica». Gli Stati Uniti confermano nuove sanzioni ai danni della Russia, intanto, hanno spostato per la notte i propri diplomatici in Polonia per motivi di sicurezza.