Il prossimo 16 dicembre il tribunale dello Stato della Città del Vaticano, presieduto da Giuseppe Pignatone – già capo della Procura della Repubblica di Roma, emetterà una sentenza destinata a passare alla storia. La decisione arriva infatti al termine di un processo durato oltre due anni e dopo più di 70 udienze che hanno visto alla sbarra, oltre a diversi imputati laici, anche Giovanni Angelo Becciu, primo Cardinale a essere giudicato da laici; per trovare un simile esempio di alto prelato portato a giudizio dobbiamo tornare al sedicesimo secolo, a un contesto profondamente diverso e, soprattutto, privo dei mass media e degli altri mezzi di comunicazione oggi puntati sulla vicenda: a testimonianza del valore epocale di questo passaggio, il momento sarà trasmesso in diretta dal Centro Televisivo Vaticano.
Ad attendere col fiato sospeso la decisione dei giudici c’è infatti tutto il mondo. Le cronache del processo hanno riempito le colonne di giornali di tutte le lingue, attirando l’attenzione non solo di studiosi e commentatori, ma dell’intera opinione pubblica.
Tra chi nelle ultime ore prende una posizione sul caso non mancano autorevolissime testate, come il Wall Street Journal e il Corriere della Sera.
Segue la vicenda per il quotidiano economico più importante del pianeta Francis X. Rocca, che in un articolo pubblicato lo scorso 12 dicembre ricostruisce nei dettagli la vicenda, ricca di colpi di scena. Tra questi anche alcune anomalie: come sottolinea Rocca, infatti, «Francesco ha cambiato le leggi vaticane diverse volte durante l’investigazione, in modi che, secondo le difese, hanno favorito l’accusa e violato il diritto al giusto processo, inclusa una più ampia autorità di intercettare i sospettati». Il riassunto del WSJ dà inoltre conto delle numerose contestazioni mosse contro il quadro accusatorio delineato dai Promotori di giustizia: in merito ad esempio all’investimento su un palazzo di Londra, tema centrale del processo, si può leggere come «il Vaticano avrebbe ricavato un profitto se avesse mantenuto la proprietà [invece di venderla, come ha poi fatto, NdA] e portato avanti la già pianificata conversione in appartamenti». Insomma, l’affare non era svantaggioso in sé, sebbene abbia risentito degli effetti della Brexit (sconosciuti al momento dell’investimento), ma lo è diventato a seguito delle decisioni assunte dai successori del Cardinal Becciu.
Per il Corriere della Sera interviene invece uno dei suoi più autorevoli editorialisti, Ernesto Galli della Loggia. In un articolo dal titolo «I verdetti del processo a Becciu» il noto giornalista parla di «vicenda nella quale i motivi e i retroscena veri, i veri attori, restano tuttora nell’ombra più fitta» e di «decisa smentita degli accusatori» del Cardinale. Anche Galli della Loggia conferma la presenza di «vistose anomalie, chiamiamole eufemisticamente così, a monte del dibattimento stesso», individuandole nella «condanna anticipata dell’accusato, implicita nella decisione del Papa di spogliarlo inizialmente dei suoi diritti di Cardinale» nei «ben quattro provvedimenti con cui a procedimento già in corso sempre il Papa ha modificato le regole della procedura (ma solo per questo processo e dunque solo a danno dell’imputato)», nel «famigerato monsignor Perlasca benevolmente trasformato, guarda caso, da coimputato di Becciu in testimone d’accusa a suo carico».
Secondo il giornalista «ogni seduta del processo ha aggiunto questo o quell’aspetto di un panorama nel complesso desolante: indagini secretate di cui gli avvocati della difesa non hanno saputo mai nulla, una fitta rete di scandali, di irregolarità, di leggerezze, di conti correnti cifrati che emergevano a ogni momento, ombre di corruzione, investimenti immobiliari dubbi, contrasti feroci tra le diverse istituzioni dello Stato Vaticano. E infine quasi in contemporanea, sullo sfondo (ma in un rapporto evidente con quanto andava accadendo nel corso del processo) un decisivo mutamento dei tradizionali equilibri politici all’interno della Santa Sede: la drammatica perdita di immagine, di competenze e di potere da parte della Segreteria di Stato e lo Ior, invece, sempre più sul podio del vincitore».
Galli della Loggia racconta come «è emersa la sostanziale innocenza del Cardinale Becciu dalle accuse che gli venivano mosse». Sostanziale «perché nella lunga e complessa attività di una carriera come la sua sfido qualunque leguleio a non riuscire a trovare qualche parere omesso che andava richiesto, qualche procedura amministrativa non perfettamente eseguita, qualche insignificante “abuso d’ufficio”».
«Ma non era certo di cose simili che l’alto prelato sardo doveva rispondere, come si sa – prosegue l’editorialista – Bensì di accuse cadute fragorosamente nel nulla nei due lunghi anni del processo. Proprio la palese inconsistenza dell’accusa via via sempre più evidente è valsa a rivelare la natura vera, tutta politica, di questo processo».
Come finirà il processo, secondo Galli della Loggia? «Esclusa, viste le risultanza del dibattimento, una sorprendente pronuncia di colpevolezza dell’imputato secondo le deliranti richieste dell’accusa (sette anni e rotti di galera), ed esclusa altresì la soluzione ipocrita di una “condannuccia” (la montagna che partorisce il classico topolino), tanto per far vedere che il processo ha avuto comunque motivo di essere, una sola strada sembra aprirsi capace di concludere in modo non indegno questa grigia vicenda. E cioè che l’autorità decisoria si convinca a intitolarsi l’assoluzione di Becciu. Che il Papa, assistito dal consiglio del presidente Pignatone, capisca, anche ricredendosi, che sulla base delle risultanze processuali, è quella l’unica scelta giusta. Non solo e non tanto un’assoluzione ma la presa d’atto della verità. Sì, anche ricredendosi: Bergoglio non ci ha forse abituati nel corso del suo pontificato a svolte improvvise, a repentini cambiamenti di umori e di prospettiva, a colpi di scena? Si metterebbe così fine a una vicenda nella quale i motivi e i retroscena veri, i veri attori, restano tuttora nell’ombra più fitta e in cui forse a tirare davvero i fili non è stato neppure il Papa stesso».
Per assistere alla conclusione di una trama degna delle più premiate sceneggiature cinematografiche non ci resta dunque che assistere all’ultima udienza del processo del secolo.