Il dibattito sul sistema di governo in Italia non è mai veramente cessato dal 1946, anno in cui fu approvata la Costituzione italiana. In particolare, la discussione si concentra sulla scelta tra il presidenzialismo e il premierato, due diversi modelli di sistema di governo.
Il presidenzialismo prevede un presidente forte e con poteri ampi, scelto direttamente dal popolo attraverso le elezioni. Il presidente ha il controllo su tutti i rami del governo e, a differenza del premier, non è responsabile di fronte al parlamento. In questo sistema, il presidente può essere destituito solo per gravi violazioni della legge.
Il premierato, invece, prevede un governo guidato da un primo ministro, scelto dal parlamento. Il primo ministro ha poteri esecutivi e legislativi, ma non ha il controllo su tutti i rami del governo. Inoltre, è responsabile di fronte al parlamento e può essere sfiduciato se perde la maggioranza.
In Italia, la scelta tra questi due sistemi è sempre stata controversa. Già da mesi, a Palazzo Chigi si è orientati verso l’idea di adottare una forma di premierato, abbandonando l’idea di toccare la figura del Capo dello Stato. Numerosi sono i vantaggi del premierato rispetto al presidenzialismo. Innanzitutto, l’introduzione dell’elezione diretta del capo del governo e il rafforzamento dei suoi poteri richiederebbero la modifica di pochi articoli della Costituzione, rispetto all’elezione diretta del Presidente della Repubblica. Attualmente, il Capo dello Stato non dispone di alcuni specifici poteri di governo, come la presenza al Consiglio europeo, che gli potrebbero essere attribuiti qualora si optasse per l’elezione diretta. Tuttavia, l’introduzione di un presidente eletto e quindi di parte potrebbe richiedere una serie di contropoteri, ad esempio, il divieto di presiedere il Consiglio Superiore della Magistratura (Csm).
Inoltre, il ruolo di garanzia e di istituzione super partes del Capo dello Stato in un Paese come l’Italia, politicamente diviso, non subirebbe modifiche significative. A Palazzo Chigi sono ben consapevoli che il Quirinale rappresenta l’istituzione che da parecchi anni gode della maggiore fiducia da parte degli italiani.
Il premierato rappresenta anche la proposta del Terzo Polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi, conosciuto anche come il “sindaco d’Italia”. Si tratta di una riforma che risulta meno ostica rispetto al presidenzialismo, soprattutto per la parte “riformista” del Partito Democratico (PD). Va ricordato che già nel 1996, nella tesi numero 1 dell’Ulivo di Romano Prodi, si affermava che «appare opportuna nel nostro Paese l’adozione di una forma di governo centrata sulla figura del Primo Ministro investito in seguito al voto di fiducia parlamentare in coerenza con gli orientamenti dell’elettorato».
Secondo i modelli vigenti in altri Paesi, in cui la forma di governo si orienta intorno al Primo Ministro, sarebbe opportuno creare una convenzione costituzionale secondo la quale un cambio di maggioranza di Governo richieda, di norma e comunque in tempi brevi, lo scioglimento della Camera politica e il ricorso a nuove elezioni. Resterebbe comunque possibile la sostituzione del Premier all’interno della medesima maggioranza, mediante il metodo della sfiducia costruttiva.
Inoltre, secondo i sostenitori del premierato, l’elezione diretta del capo del governo consentirebbe ai cittadini di esprimere un giudizio più preciso sulle politiche che il governo intende attuare. In questo senso, la figura del premier verrebbe a coincidere con quella del leader della coalizione che ha ottenuto il maggior sostegno alle urne.
Tuttavia, vi sono anche alcuni critici del premierato che sostengono che questa forma di governo potrebbe portare ad un accentramento eccessivo di poteri nelle mani del primo ministro, a discapito di un equilibrio tra i poteri dello Stato. Inoltre, l’elezione diretta del capo del governo potrebbe favorire la formazione di maggioranze instabili e la crisi di governi con un’efficienza governativa minore rispetto al presidenzialismo.
In ogni caso, sembra che il premierato sia al centro dell’attenzione della politica italiana in questi mesi e che la sua attuazione richiederà un lungo e complesso iter di riforma costituzionale e di legge elettorale. Il dibattito sulle modalità di elezione del capo del governo è ancora aperto e si spera che possa essere condotto in modo sereno e costruttivo, al fine di trovare una soluzione che garantisca stabilità ed efficienza al governo del Paese.