La Commissione europea si scaglia contro le deroghe inserite nel decreto italiano che dovrebbe mettere al bando alcuni prodotti di plastica monouso. Per l’Italia c’è il rischio concreto di infrazione.
L’Unione europea non ritiene sufficienti gli sforzi dell’Italia per ridurre la plastica monouso. Per la Commissione europea sono previste troppe deroghe all’interno del decreto – in vigore dallo scorso 14 gennaio – che mette al bando alcune tipologie di prodotti in plastica usa e getta, al fine di attuare la direttiva europea 904 del 2019.
La Commissione europea boccia il decreto italiano, evidenziando che non è in linea con le disposizioni e gli obiettivi della direttiva SUP (Single Use Plastic) e che prevede troppe deroghe. Adesso il rischio è che l’Italia vada incontro ad una procedura di infrazione.
Inoltre, la Commissione europea ha inviato al ministero dello Sviluppo economico un parere circostanziato elencando i motivi per cui il decreto non soddisfa le condizioni della direttiva Ue.
Innanzitutto, il divieto nel nostro Paese non si applica ai prodotti con un rivestimento in plastica in quantità inferiore al 10% del peso totale del prodotto. All’articolo 3 del decreto legislativo viene definita come plastica quel materiale «costituito da un polimero, cui possono essere stati aggiunti additivi o altre sostanze e che può funzionare come componente strutturale principale dei prodotti finiti, a eccezione dei polimeri naturali, che non sono stati modificati chimicamente». Ciò significa, quindi che si escludono vernici, inchiostri, adesivi e altri «rivestimenti in plastica con un peso inferiore al 10% rispetto al peso totale del prodotto, che non costituiscono componente strutturale principale dei prodotti finiti».
In realtà, però, l’Europa non ha mai fatto distinzioni in proposito: non prevede alcuna soglia per la quantità di plastica da usare in un prodotto affinché possa essere considerato un prodotto di plastica monouso.
Altra obiezione riguarda le deroghe per gli articoli in plastica biodegradabile e compostabile. In realtà la direttiva comunitaria non prevede queste eccezioni e la plastica biodegradabile viene considerata al pari delle altre sostanze plastiche. A tal proposito un punto fortemente criticato dalla Commissione Ue riguarda gli incentivi inseriti nel decreto per le aziende italiane che scelgono di acquistare prodotti riutilizzabili o fabbricati in plastica biodegradabile. Questo risulta, secondo la Commissione europea, l’ennesimo incentivo all’usa e getta, che invece dovrebbe essere scoraggiato.
Si è espresso in merito l’europarlamentare di FDI-ECR, Nicola Procaccini, componente della commissione ambiente di Bruxelles e responsabile nazionale del dipartimento Energia e Ambiente del partito.«La bocciatura da parte della UE della normativa italiana sull’utilizzo di plastica biodegradabile, rappresenta l’ennesima posizione miope e furiosamente ideologica da parte di Bruxelles che rischia di provocare danni enormi alle nostre aziende del settore, oltre che in generale all’ambiente. Una transizione ecologica ideologizzata e fatta con i paraocchi rischia solo di affossare il sistema economico senza i dovuti benefici per ambiente e clima».
«Quella di Bruxelles è una posizione inammissibile – spiega Procaccini – su cui il governo italiano deve intervenire. La normativa con cui l’Italia dal 14 gennaio recepisce la direttiva UE sulla messa al bando di alcuni prodotti di plastica, come piatti e posate usa e getta, autorizza l’utilizzo di alcune plastiche biodegradabili e ammette la produzione di beni che contengano meno del 10% di plastica. Una tecnologia ecologista, quella delle plastiche biodegradabili e compostabili, di cui l’Italia è leader in Europa e che va proprio nel senso dell’economia circolare di cui tutti si riempiono la bocca».
«Abbiamo centinaia di aziende e migliaia di addetti, che operano nel rispetto dei target UE, ma che l’Europa tenta di affossare, minacciando la procedura d’infrazione contro l’Italia. In tutto questo, non ci risulta che il governo italiano si stia attivando a Bruxelles per difendere questa nostra filiera produttiva», conclude Procaccini in difesa delle imprese italiane.