Sono almeno 147 le persone uccise e 614 quelle rimaste ferite negli scontri nella zona di Tripoli, legati all'offensiva lanciata il 4 aprile dal generale libico Khalifa Haftar per prendere il controllo della città. Lo ha fatto sapere l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) con un post su Twitter. Vi viene precisato anche che l'organizzazione ha dispiegato varie squadre di operatori sanitari in appoggio agli ospedali della zona.
Per quanto riguarda il nostro paese, l'ambasciata d'Italia in Libia «resta aperta e pienamente operativa» e «non si registra riduzione alcuna della presenza istituzionale italiana in Libia». Lo ha reso noto su Twitter la stessa rappresentanza diplomatica italiana «relativamente a quanto circola sui social» network.
E in un’intervista a Libero il vicepresidente di Tripoli, Ahmed Maitig, oggi a Roma per una serie di incontri con "il ministro degli Esteri Moavero e probabilmente anche il premier Conte e Salvini", ha annunciato che «L'Italia per noi è un partner strategico, sta seguendo da vicino la situazione e in questi anni ha fatto molto per evitare che accadesse tutto questo. Che ci fosse una guerra che provocasse tutti questi morti. L'Italia ha lavorato da sempre per la pace e la riconciliazione della Libia». E ad una domanda sulle notizie riguardanti «consiglieri militari francesi che starebbero aiutando Haftar», Maitig ha replicato: «Le rispondo solamente che sicuramente alcuni Paesi lo stanno aiutando…». Sull'azione di forza del generale, Maitig ha fatto notare che «Haftar pensava di riuscire a prendere Tripoli in 48 ore mettendo di fronte al fatto compiuto la comunità internazionale. Lui pensava che a Tripoli sarebbe stato accolto da una folla festante e invece il popolo libico è con noi e contro il ritorno della dittatura. Il popolo libico sta combattendo contro questa azione militare: in 10 giorni di guerra Haftar non è riuscito ad avanzare, anzi è stato respinto a più riprese. Ora è iniziata la nostra controffensiva, e non ci fermeremo finché lui non tornerà da dove e venuto».
Intanto oggi una brigata militare proveniente da Tarhuna (città situata 60 chilometri a sud-est di Tripoli) alleata delle forze del generale Khalifa Haftar si è arresa agli uomini fedeli al premier Fayez al Sarraj nella periferia sud della capitale libica. Secondo quanto ha annunciato l'emittente televisiva "Libya al Ahrar" con sede centrale a Istanbul,in Turchia, le truppe di Tarhuna si sono arrese alle forze della Brigata 166 del Governo di accordo nazionale (Gna). Si tratta, spiega la tv libica, di 25 uomini e di 10 mezzi armati che sono stati consegnati alle forze di Sarraj.
E all'alba, cinque missili Grad sono caduti su un quartiere residenziale alle porte di Tripoli, Abu Salim, sulla strada per l'aeroporto della capitale libica. Lo ha riferito lo stesso sindaco del quartiere su Twitter. Secondo un portavoce, il bombardamento ha colpito diversi appartamenti e case e sono intervenuti i cittadini per estinguere i fuochi ma non ci sono state vittime. Il governo di Unione nazionale di Fayez al-Serraj accusa l'Esercito nazionale libico di Khalifa Haftar di lanciare missili anche contro le abitazioni di civili, ma le forze di Haftar si difendono sostenendo che sono in atto tentativi per delegittimare l'offensiva.
Media libici riferiscono anche di un attentato a Bengasi contro uno stretto collaboratore del maresciallo Khalifa Haftar: un'autobomba è esplosa al passaggio della vettura del colonnello Adel Marfoua, comandante dell'antiterrorismo. Secondo le stesse fonti Marfoua e i suoi accompagnatori sono rimasti lievemente feriti. Si tratta del primo attentato nel capoluogo della Cirenaica, a est della Libia, da quando è iniziata l'offensiva delle forze di Haftar su Tripoli, il 4 aprile.
Ed è partito un nuovo monito delle Nazioni Unite alle parti in conflitto a Tripoli, in Libia, sulle violazioni del diritto internazionale umanitario. «A meno di 48 ore dal bombardamento di una scuola, i magazzini del ministero della Pubblica Istruzione sono stati bombardati e bruciati, e 5 milioni di libri e risultati degli esami nazionali sono andati distrutti – ha dichiarato oggi l'Ufficio Onu per gli Aiuti umanitari (Ocha) – la comunità umanitaria di Tripoli, in Libia, ammonisce di nuovo: PRENDERE DI MIRA STRUTTURE CIVILI E' UNA VIOLAZIONE DEL DIRITTO INTERNAZIONALE UMANITARIO». Ieri la missione Onu in Libia (Unsmil) ha fatto sapere che «sta monitorando e documentando tutte le azioni di guerra che violano questa legge al fine di informare il Consiglio di sicurezza e la Corte penale internazionale dell'Aia».