L’impatto ambientale del così detto “fast fashion” è ormai cosa nota. La tendenza colpisce sia produttori che consumatori e l’insostenibilità a lungo termine del fenomeno è visibile dai numeri.
Ad analizzare la questione Greenpace, evidenziando i comportamenti e le strategie dell’industria. Fra le pratiche peggiori in quest’ambito i resi, possibili attraverso ormai tutte le piattaforme di e-commerce. L’organizzazione ambientalista ha nascosto localizzatori GPS nei vestiti per tracciare i loro viaggi. I pacchi in 58 giorni hanno percorso 100 mila chilometri attraverso 13 paesi europei e la Cina. I capi sono stati venduti e rivenduti 40 volte, resi 29 e al momento dello studio il 58% non è stato ancora rivenduto.
Attraverso lo studio Greenpeace ha sottolineato come il reso facile e gratuito nel fast- fashion genera ingenti conseguenze per il pianeta. Inoltre l’evidenza di come il 58% degli indumenti non fosse ancora stata rivenduta evidenzia il problema dello shopping compulsivo e dell’usa e getta. Infine il trasporto e packaging di ogni ordine e reso emettono 2,78 kg di CO2 equivalente.