La microplastica inquina i sedimenti dei fondali marini anche a 2000 metri di profondità. I ricercatori dell'ente nazionale australiano di ricerca Csiro ne hanno rinvenuto i frammenti all’interno del Great Australian Bight, la Grande Baia che delimita al sud gli stati del South Australia e del Western Australia. Questo luogo è uno degli ambienti marini più preziosi per la biodiversità e più isolati d'Australia, per questo la scoperta serve da campanello d’allarme ai governi e alle grandi compagnie per ridurre l'uso della plastica e affrontare in modo più risoluto il sempre più grave problema della plastica negli oceani. Questo materiale è «onnipresente nel nostro ambiente – dichiara Denise Hardesty, che ha guidato l'analisi dei sedimenti al Csiro – Dovunque ormai gli organismi, anche in queste aree più isolate, vi entrano in contatto». I sedimenti sono stati analizzati usando una tintura rossa che rende fluorescente la plastica sotto una luce speciale. I frammenti individuati avevano una larghezza di almeno 10 micrometri, lo spessore della lana più fina. Gli studiosi stanno ora conducendo ulteriori analisi e preparano una relazione da presentare a una rivista scientifica. James Cordwell dell'Australian Marine Conservation Society sostiene che «l'inquinamento da plastica scorre nei nostri oceani ad un tasso allarmante, la fauna marina vi resta impigliata o la sbaglia per cibo. Una volta ingerita la plastica si attacca alle pareti dello stomaco e dell'intestino e l'animale muore di fame. Dobbiamo impedire che la plastica raggiunga i nostri oceani ed entri nella catena alimentare».