Bambini tenuti in gabbia, con una bottiglia d’acqua e patatine come viveri e una coperta termica per scaldarsi. È questo lo scenario descritto da Associated Press (Ap) e da alcuni politici texani che hanno visitato uno dei centri di detenzione per i minori, dove sono detenuti i figli dei migranti irregolari che sono stati intercettati alla frontiera fra Usa e Messico. Ai visitatori non è stato concesso fare foto o interviste con i minori “ospiti” del centro, ma è bastato il solo racconto delle condizioni per far indignare gran parte dell’opinione pubblica.
Oltre alle testimonianze, il quotidiano online statunitense “ProPublica” ha pubblicato una registrazione anonima effettuata nel centro della U.S. Customs and Border Protectionche. La registrazione che sta spaccando l’opinione pubblica americana ha come “protagonisti” i bambini del centro in preda a urla, pianti e richieste di ritrovare i propri genitori senza che nessuno gli dia supporto. Inoltre, nell’audio si sente la voce di un agente del centro che esclama: «Bene, abbiamo un’orchestra. Quello che manca è il direttore d'orchestra».
Tutto questo è il frutto della politica di tolleranza zero verso gli immigrati prevista dal governo Trump delle ultime settimane. I bambini passano giorni, e in alcuni casi settimane, senza vedere o contattare i propri genitori, in attesa di conoscere il proprio destino dentro o fuori gli Stati Uniti. Si calcola che nelle ultime sei settimane oltre due mila bambini sono stati separati dai genitori per essere internati in queste prigioni.
La vicenda sta creando una fortissima tensione sociale e politica sul territorio statunitense, con il presidente Trump sotto attacco sia dai democratici, che lo accusano di voler sfruttare la vicenda per portare a termine una legge sull’immigrazione favorevole alla Casa Bianca (viste le parole di Melania Trump che esortano a una collaborazione fra democratici e repubblicani), sia da una parte dei repubblicani, preoccupati dall’atteggiamento estremista del presidente.
Durissimo attacco al presidente dalle first lady che hanno preceduto Melania. La prima ad attaccare la politica del Tycoon è stata Laura Bush (moglie di George) che dalle colonne del Washington Post scrive: «Vivo in uno Stato di confine e capisco la necessità di proteggere i nostri confini internazionali, ma questa politica di tolleranza zero è crudele. È immorale. E mi spezza il cuore». Parole riprese dalla successiva first lady, Michelle Obama, che ha retweettato la dichiarazione aggiungendo che «A volte, la verità va al di là dei partiti».
In serata, infine, è arrivato il duro attacco di Hilary Clinton, sfidante di Donald Trump alle ultime elezioni presidenziali, che in una serie di tweet ha definito la situazione dei migranti al confine con gli Usa come una «crisi umanitaria».
Numerose le reazioni dalla comunità internazionale: il Segretario Generale dell'Onu, Antonio Guterres, ha dichiarato che i «bambini non devono essere traumatizzati dividendoli dai genitori. L'unità della famiglia deve essere preservata. Rifugiati e migranti devono essere trattati con dignità, rispetto, e in conformità al diritto internazionale». L'Alto Commissario per i Diritti Umani, Zeid Ràad Al Hussein, punta il dito contro le separazioni: «Il pensiero che qualsiasi Stato cerchi di scoraggiare i genitori infliggendo questi abusi sui bambini è inammissibile». Infine sono arrivate le preoccupazioni dell’Alto Commissario degli Stati Uniti per i rifugiati, Filippo Grandi, che si dice particolarmente preoccupato delle «misure che portano alla separazione dei bambini dalle loro famiglie. I governi di molti Paesi ricchi hanno adottato una retorica spregevole sulla migrazione, ignorando il loro dovere di aiutare le persone in fuga dalla guerra o dalle persecuzioni». Grandi sottolinea, inoltre, come diversi governi stiano facendo mera retorica riguardo l’immigrazione fomentando l’idea di una invasione per ottenere consenso, senza spiegare i veri motivi per cui queste persone cercano rifugio.
Nonostante l’alzata di scudi contro le pratiche governative, la Casa Bianca resta ferma sulle sue decisioni e non intende fare un passo indietro per favorire il riavvicinamento dei minori alle proprie famiglie.